Illegittima l’ordinanza di demolizione priva di adeguata istruttoria dinanzi ad un’opera temporanea
di M. Petrulli
La recente sentenza del TAR Campania, Salerno, sez. II del 19 ottobre 2023, n. 2340, merita una breve segnalazione perché evidenzia un possibile errore da evitare nella valutazione di un’opera edilizia temporanea.
Nel caso specifico, un operatore economico, impegnato nella produzione e promozione di prodotti tipici locali, presentava una c.i.l. per l’installazione temporanea di manufatti e pertinenze amovibili, semplicemente appoggiate al suolo, prive di qualsiasi fondazione, per un periodo di circa 4 mesi e, contemporaneamente, una s.c.i.a. per l’attività temporanea di degustazione e vendita di prodotti per il suddetto periodo. L’ufficio tecnico comunicava l’irricevibilità della c.i.l. depositata e disponeva il divieto di prosecuzione dell’attività segnalata tramite s.c.i.a.; i provvedimenti comunali venivano impugnati dall’operatore economico interessato.
Secondo i giudici, i due provvedimenti erano illegittimi, stante la difformità rispetto al paradigma legale di riferimento.
Ed infatti, l’art. 6, comma 1, lett. e-bis) del D.P.R. n. 380/2001, riconduce all’edilizia libera “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni”.
La giurisprudenza è rigorosa ed inequivoca nell’interpretare la norma de qua; si assume, in linea di principio, che un manufatto, per rientrare nella attività libera, deve possedere due caratteristiche:
- uno funzionale, consistente cioè nella finalizzazione alle esigenze dell’attività, che devono tuttavia essere «contingenti e temporanee », intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere ontologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, e che in ogni caso (cioè quale che ne sia la « contingenza » determinante), non superano comunque i centottanta giorni (termine che, è bene ribadirlo, deve comprendere anche i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l’uso effettivo ad un periodo inferiore ai predetti 180 giorni);
- l’altro strutturale, ovvero l’avvenuta realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale (e quindi al più tardi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell’istallazione, coincidente con quello di comunicazione all’amministrazione competente) (Consiglio di Stato sez. II, 13/02/2023, n.1489)
Ne discende che le opere agevolmente rimovibili, funzionali a soddisfare un’esigenza temporanea, col fine di cessare dopo il breve tempo al raggiungimento dell’interesse finale, si configurano a carattere precario e, per questo motivo, non richiedono il permesso di costruire (T.A.R. Brescia, sez. I, 13/01/2020, n.19).
Più nel dettaglio, si assume che le opere contingenti e temporanee possono essere liberamente realizzate una volta sola e per non oltre centottanta giorni (Cass. pen., Sez. III, 24 novembre 2020, n. 32735).
I giudici hanno anche ricordato l’Allegato A del D.P.R. n. 31/2017, che così recita:
- al punto A.16: “occupazione temporanea di suolo privato, pubblico o di uso pubblico mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo 12 periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare”;
- al punto A.23: “installazione di insegne per esercizi commerciali o altre attività economiche, ove effettuata all’interno dello spazio vetrina o in altra collocazione consimile a ciò preordinata; sostituzione di insegne esistenti, già legittimamente installate, con insegne analoghe per dimensioni e collocazione. L’esenzione dall’autorizzazione non riguarda le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile”.
Tanto premesso, i giudici hanno evidenziato il difetto di istruttoria commesso dall’ufficio, visto che la CIL prevedeva la presenza dei manufatti per circa 4 mesi, ossia meno del limite massimo di 180 giorni previsto dal Testo Unico Edilizia. Secondo il TAR, infatti, “la P.A. non ha valutato se trattasi di opere stagionali e non meramente contingenti e temporanee, con le evidenti implicazioni pratiche che ne conseguono”.
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