Sviluppo, il no delle imprese al condono

“Non ho capito perché il condono, forse vogliono i soldi per fare nuove leggi ma non ne so di più”: lo ha detto Umberto Bossi, specificando di aver visto ieri sera il ministro Giulio Tremonti e annunciando che lo rivedrà anche domani, in quella che è ormai una prassi del lunedì.

La logica del condono da un messaggio assolutamente sbagliato, in un certo senso premia i furbi e noi abbiamo invece bisogno che tutti paghino le tasse e rispettino le regole: quindi non credo che sia la scelta giusta”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia a ‘Che tempo che fa’ intervistata da Fazio.

Parlando del condono la Marcegaglia ha detto: “non lo giudico bene perché a noi servono manovre strutturali, serve ridurre strutturalmente il debito e il deficit, e poi sarebbe in un momento in cui giustamente dobbiamo combattere fortemente l’evasione fiscale e l’illegalità e la logica del condono dà un messaggio assolutamente sbagliato”.

“Sì” il decreto sviluppo è l’ultima chance del governo per far uscire l’Italia dalla crisi. ”Questo decreto sviluppo deve essere fatto” perché “o ci salviamo tutti o cadiamo tutti”.

Il condono “non è il diavolo, ma dobbiamo discuterne senza preconcetti, senza schieramenti etici”. Lo afferma il ministro della Difesa Ignazio La Russa.

“I condoni – ha detto, a margine del convegno ‘Verso un nuovo Pdl’ – non sono soluzioni semplici perché producono effetti anche negativi e quello fiscale potrebbe finire con il rallentare la lotta all’evasione”. “

Si tratta di misure giustificate solo da momenti straordinari, per cui non bisogna demonizzare o criminalizzare alcuna soluzione. Non è che il condono è il diavolo e la patrimoniale è la salvezza o viceversa anche perché chi lo sa, poi potrebbero finire per esserci entrambi”.

L’ipotesi del condono e nemmeno quella riguardante una patrimoniale “non sono nell’agenda del governo”. Lo ha confermato oggi a Saint-Vincent il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, a margine del convegno da lui organizzato intitolato “Verso un nuovo Pdl”. “Questo non significa – ha aggiunto Rotondi – che il Parlamento possa discutere di questa o quella soluzione”.

 L`Associazione nazionale dei costruttori edili e` sempre stata contraria a qualsiasi forma di condono perche`, in realta`, cambia il mercato e crea condizioni di premialita` per chi non ha rispettato le regole“.

A sostenerlo, a margine di un incontro del Saie a Bologna, e` il presidente dell`Ance, Paolo Buzzetti, che smonta cosi` l`ipotesi di un condono edilizio da inserire nel decreto sullo sviluppo da parte del Governo. “Su questo – ha concluso riferendosi ad un eventuale condono – la nostra posizione e` netta: sempre contrari a qualsiasi idea di condoni su abusi edilizi“.

A giudizio di Buzzetti, al posto di ipotesi come quella del condono edilizio, “quello che noi speriamo e` la proposta di un piano citta`.

C`e` tantissimo da fare – ha sottolineato -, dal punto di vista del risparmio energetico. Ce lo chiede l`Unione Europea – ha puntualizzato -, poi c`e` la manutenzione dei nostri fabbricati che sono stati fatti, nel 65% dei casi, prima del 1970 e c`e` anche la necessita` di modificare le periferie e renderle piu` moderne: laddove e` necessario, abbattere e ricostruire ma anche fare interventi piu` mirati“.

 Secondo il numero uno dell`Ance, ancora, occorre “varare un grande piano citta` da parte dei sindaci, le norme urbanistiche ormai ci sono, ci vuole la miccia fiscale. Cioe` – ha concluso – il Governo, se vuole fare un vero piano di sviluppo dell`edilizia, sull`esistente deve introdurre alcune agevolazioni fiscali per far partire la cosa“.

“Il condono va esattamente nella direzione opposta rispetto a quanto auspicato e richiesto insistentemente dal sistema imprenditoriale più sano e qualificato del Paese”:

 E’ questo il commento del presidente di Aniem (l’Associazione Nazionale delle pmi edili manifatturiere aderente a Confapi), Dino Piacentini alle luce delle considerazioni emerse stamani al Saie di Bologna.

Secondo l’Associazione è ora di dire basta a provvedimenti estemporanei che servono solo a far cassa, ma che bloccano ogni possibilità di sviluppo culturale, sociale ed economico.

Il settore necessita di politiche industriali, di riforme che sappiano garantire uno sviluppo sostenibile dell’ambiente, di strumenti che rendano operativi piani di demolizione e sostituzione di aree degradate, operazioni che sono già realizzate da decenni in altri Paesi e che in Italia sono ancora un tabù.

“Sappiamo che non ci sono risorse pubbliche sufficienti, ma lo Stato può rendere fruibili e sostenibili operazioni complesse di riqualificazione integrata che potrebbero veder coinvolti capitali privati”, incalza Piacentini.

“Vogliamo interrompere la strada della furbizia, dell’illegalità condonata per avviare effettivamente un percorso di riqualificazione complessiva sostenibile delle nostre aree urbane”.

Su questo Aniem nei prossimi mesi intende avviare un confronto presentando proposte agli enti locali, al mondo bancario, ai singoli cittadini. 
 
 
 Fonti: Ansa e Aniem
   

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