Rischio idrogeologico: l’indagine di Legambiente
Forti ritardi nella prevenzione e ancora troppo cemento lungo i corsi d’acqua: è sempre elevato il pericolo frane e alluvioni in Italia.
Il 77% dei quasi mille e cinquecento comuni esposti a rischio idrogeologico, monitorati dall’indagine Ecosistema rischio 2008, ha abitazioni minacciate da frane e alluvioni, quasi il 30% interi quartieri e oltre la metà vede addirittura sorgere in zone a rischio fabbricati industriali.
Nel 42% dei comuni non viene ancora realizzata una manutenzione ordinaria delle sponde. Preoccupa inoltre la quasi totale assenza di attività di delocalizzazione delle strutture presenti nelle aree più a rischio: solo il 5% delle amministrazioni avvia questo tipo di interventi per le abitazioni e appena il 4% per i fabbricati industriali.
Dati confortanti arrivano invece per le attività svolte nell’organizzazione del sistema locale di protezione civile: oltre l’80% delle amministrazioni comunali possiede un piano d’emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, e nel 57% dei casi i piani sono stati aggiornati negli ultimi due anni.
E’ questa la fotografia sul pericolo frane e alluvioni in l’Italia scattata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con Ecosistema Rischio 2008.
L’indagine, realizzata nell’ambito della campagna nazionale Operazione Fiumi 2008, ha monitorato le attività nell’opera di prevenzione di frane e alluvioni realizzate da quasi 1500 amministrazioni comunali, tra quelle classificate nel 2003 dal Ministero dell’Ambiente e dall’UPI ad elevato rischio idrogeologico.
“La continua e intensa urbanizzazione lungo i corsi d’acqua, diretta conseguenza di un’irrazionale pianificazione territoriale – sostiene Vittorio Cogliati Dezza, presidente Legambiente – fa sì che il nostro Paese sia fortemente esposto al pericolo di frane e alluvioni.
Per di più la situazione è aggravata dagli effetti dei mutamenti climatici che comportano fenomeni meteorologici caratterizzati da intense precipitazioni concentrate in periodi di tempo sempre più brevi.
Il tragico evento accaduto solo poche settimane fa in Sardegna, che ha purtroppo procurato vittime oltre che ingenti danni, conferma quanto sia fragile il nostro territorio di fronte a questo tipo di rischi.
Quello che ci preoccupa maggiormente è il ritardo con cui troppe amministrazioni locali avviano interventi mirati ad attività di prevenzione e pianificazione per una corretta gestione del territorio. E la responsabilità di ciò non può essere attribuita solo a una pesante eredità del passato, perché ancora oggi l’abusivismo e il cemento continuano ad aggredire i nostri corsi d’acqua, nonostante i dati del nostro dossier ci dicano che nell’88% dei comuni intervistati esistono vincoli che vietano l’edificazione delle aree esposte a maggiore pericolo.
Oggi possiamo contare su un ottimo sistema di protezione civile ma una reale ed efficace opera di prevenzione del rischio idrogeologico – continua Cogliati Dezza – va realizzata partendo dal rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi fragili come i fiumi e da una maggiore cura del territorio, che prenda seriamente in considerazione gli effetti dei cambiamenti del clima”.
“Il territorio e i fiumi italiani – spiega Simone Andreotti, responsabile nazionale Protezione Civile di Legambiente – sono sempre più spesso minacciati da inammissibili scempi urbanistici, come intubazioni, discariche abusive, ponti sottostimati e con case edificate sin dentro gli alvei. E’ proprio da qui che bisogna partire per salvaguardare concretamente la sicurezza del nostro Paese. I
dati del nostro dossier dimostrano come sia urgente iniziare ad abbattere le case abusive, puntare di più sulla delocalizzazione delle strutture a rischio, su interventi di messa in sicurezza di qualità.
Se per quel che riguarda l’organizzazione del sistema locale di protezione civile le amministrazioni dimostrano di aver fatto notevoli passi in avanti negli ultimi anni, è indispensabile che da subito si attivino anche nella realizzazione di una migliore gestione del territorio”.
Andando ad analizzare i dati nel dettaglio si nota che non è ancora sufficiente il lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico per il 63% dei comuni e rimane alta (24%) la percentuale delle amministrazioni che addirittura non fanno praticamente nulla per la sicurezza del territorio.
Concentrate nel nord e nel centro le ‘maglie rosa’ assegnate ai comuni più meritori da “Operazione Fiumi 2008” di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile. Primi in classifica Santa Croce sull’Arno (PI), Vallerano (VT) e Finale Emilia (MO). “Maglie nere”, assegnate invece a Ucria e a Alì, entrambi in provincia di Messina.
Tra i capoluoghi di regione Roma, Perugia, Torino e Firenze raggiungono la sufficienza. Nonostante in queste città sia notevole l’urbanizzazione delle aree a rischio sono stati realizzati interventi di manutenzione delle sponde dei fiumi e delle opere di difesa idraulica, sono stati redatti e aggiornati i piani di emergenza e sono state effettuate attività informative rivolte ai cittadini ed esercitazioni.
Fanalino di coda tra i capoluoghi di regione L’Aquila che, pur avendo strutture in aree a rischio non ha avviato una positiva gestione del territorio.
Dossier Ecosistema rischio 2008
Fonte: Legambiente
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