Piano Casa Veneto: dalla Consulta l’ok agli incentivi alla demolizione
La Corte Costituzionale dà l’avallo definitivo alla legge n. 32/2013 della Regione Veneto, il provvedimento che approva la terza edizione del Piano Casa implementato nel territorio regionale. La sentenza n. 259 del 20 novembre 2014 della Corte Costituzionale ha infatti sancito la legittimità di tale legge, una conferma ulteriore e definitiva della validità formale e sostanziale di questo strumento, dopo la sentenza TAR del Veneto che aveva invalidato la delibera del comune di Asiago dando piena applicazione al Piano Casa regionale sul suo territorio.
La Consulta ha bocciato le censure sollevate dal Governo alla legge regionale su due piani differenti: da una parte nell’ambito delle norme relative all’incentivo alla demolizione di edifici situati in zone ad alta pericolosità idraulica ed idrogeologica, dall’altra all’introduzione di modifiche in materia di ristrutturazione edilizia.
Demolizione edifici in aree a rischio
Con riferimento alla prima questione, ovverosia alla possibilità di demolire edifici siti in aree ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica, a parere della Consulta “il ricorso dell’Avvocatura dello Stato ha prospettato censure poco chiare e non sufficientemente motivate; in particolare, non è chiaro, alla luce della stringata motivazione a supporto del ricorso, in quali termini la possibilità di demolire edifici ricadenti nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica e di ricostruirli in zona territoriale omogenea propria, non dichiarata di pericolosità idraulica o idrogeologica, possa ledere le previsioni contenute nei piani di bacino di cui agli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 152 del 2006”.
Ristrutturazioni edilizie
In merito alla seconda contestazione la Corte Costituzionale ha affermato che “come correttamente rilevato dalla Regione Veneto, il recente intervento legislativo di cui all’art. 30 del decreto-legge 21 giugno 2013 (…) ha disposto la soppressione (…) del riferimento al rispetto della sagoma”. In pratica, la normativa statale non contiene più, in relazione alla definizione della ristrutturazione edilizia, l’obbligo di rispetto della sagoma precedente, ma solo quello di rispetto del volume.
I giudici costituzionali hanno inoltre ricordato il seguente concetto: “Come la giurisprudenza di questa Corte ha già in passato chiarito, quando una norma è riconducibile ad un ambito materiale di esclusiva competenza statale – nella specie, la tutela dei beni culturali – le Regioni non possono emanare alcuna normativa, neppure meramente riproduttiva di quella statale (sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n. 29 del 2006)”. Il succo del concetto: laddove la Regione Veneto, nel rimodellare il concetto di ristrutturazione edilizia, avesse esplicitamente aggiunto che l’obbligo di rispetto della sagoma permane per i beni culturali assoggettati a vincolo, la norma regionale sarebbe stata costituzionalmente illegittima, perché sarebbe andata ad interferire in un ambito di competenza esclusiva dello Stato, come tale sottratto alla potestà normativa delle Regioni.
Nella fattispecie in esame, invece, il silenzio della legge regionale del Veneto sul punto non può che essere interpretato (come correttamente motivato dalla Regione) nel senso della vigenza della disposizione statale di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico sull’Edilizia. E, conseguentemente, nel senso che la disposizione statale in materia di obbligo di rispetto della sagoma preesistente nelle ristrutturazioni aventi ad oggetto beni culturali vincolati è necessariamente operativa anche nell’ambito regionale.
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