Isole pedonali, 34mq carfree ogni 100 abitanti
Era il 30 dicembre 1980 quando a Roma venne istituita la prima isola pedonale d’Italia, nell’area del Colosseo.
A distanza di trent’anni su 100 centri urbani monitorati da ACI e Legambiente sono 92 i capoluoghi di provincia che dispongono di isole pedonali e sono in media 34 ogni 100 abitanti i metri quadrati riservati esclusivamente ai pedoni. I comuni di Venezia, Verbania, Cremona e Terni addirittura superano la soglia di 100 metri quadrati ogni 100 abitanti.
In occasione del trentennale dell’istituzione della prima isola pedonale, Automobile Club d’Italia e Legambiente presentano “La città ai nostri piedi”, storia e numeri delle aree chiuse al traffico, condividendo l’esigenza di affrontare in modo incisivo i problemi legati alla mobilità e al trasporto urbano, aumentando al contempo la sicurezza e la qualità ambientale delle città.
In questo senso l’isola pedonale rientra tra le strategie che gli amministratori possono adottare per migliorare la mobilità urbana.
Se ben progettata e ben inserita, infatti, l’isola pedonale ha dimostrato di produrre effetti positivi nell’immediato e sul lungo periodo:
– da subito una riduzione dei livelli di smog e rumore accompagnato da una crescita del numero di utenti del trasporto pubblico,
– poi una miglior tutela di monumenti e patrimonio storico-artistico, una valorizzazione turistica,
– un generale aumento della vivibilità cittadina.
A questo si aggiunge il miglioramento della sicurezza stradale, dal momento che è nei centri urbani che si verifica il maggior numero di incidenti (più di tre quarti del totale), con 1.892 morti e 223.166 feriti nel 2009, pari rispettivamente al 44,7% ed al 72,6% del totale.
E’ necessario, pertanto, calibrare le politiche di intervento tenendo presente la funzione e l’uso di tutte le componenti del sistema: le strade e le loro diverse categorie, il trasporto pubblico su ferro e su gomma, i parcheggi pubblici e privati su strada ed in struttura”.
Ecco in sintesi le proposte di ACI e Legambiente:
– Attivare una authority o cabina di regia nazionale che, attraverso gli strumenti della programmazione e della concertazione tra le diverse componenti pubbliche e private, locali e nazionali, indirizzi in modo uniforme le scelte e le politiche in tema di mobilità e trasporti, monitorando gli interventi effettuati ai diversi livelli di governo del territorio.
– Emanare una Legge quadro che stabilisca criteri generali per la realizzazione dei nuovi insediamenti urbani, con previsione della Valutazione di Impatto sulla Mobilità procedura preliminare a qualsiasi intervento urbanistico territoriale, ripensando l’uso del territorio e migliorando l’accesso ai servizi di mobilità.
– Emanare una norma quadro che stabilisca criteri uniformi in base ai quali le autorità comunali possano predisporre provvedimenti che limitano la circolazione veicolare, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
a)individuazione delle tipologie di veicoli per i quali è permessa la circolazione in relazione alle dotazioni di nuove tecnologie disponibili (ad es. filtri antiparticolato, motori Euro 5, ecc.);
b)individuazione di alternative di trasporto che assicurino l’accessibilità dei cittadini ai servizi della città;
c)definizione di una segnaletica uniforme dedicata alle zone sottoposte a limitazione; definizione di metodologie di valutazione dell’efficacia ambientale con analisi “prima-dopo”, che misurino oggettivamente i risultati dei provvedimenti, le cui risultanze siano comunicate ai cittadini.
– Investire risorse finanziarie in un programma strutturale per rendere più efficiente e meno inquinante la flotta del TPL, puntando alla sostituzione dei veicoli più inquinanti (Euro 0 e Euro 1) con flotte ecologiche. L’assegnazione di risorse supplementari alle aziende di TPL deve essere finalizzata al raggiungimento di standard predeterminati legati all’estensione del centro urbano e al numero di abitanti (aumento numero passeggeri, frequenza e puntualità delle corse, ecc.). Aumentare l’estensione delle corsie preferenziali del TPL e migliorare l’offerta di km percorsi.
– Potenziare in tal modo l’accessibilità ai centri urbani e solo dopo valutare l’introduzione nelle grandi aree del road pricing, definendo criteri uniformi per le politiche tariffarie per l’accesso ai centri delle città, i cui introiti siano destinati alla mobilità sostenibile.
– Finanziare il potenziamento e la realizzazione di parcheggi di scambio e residenziali non su strada.
– Ampliare il numero e l’estensione delle isole pedonali e delle “zone 30”, nonché la diffusione di sistemi razionali di sosta a pagamento, con tariffe differenziate per zona e orario.
– Rimodulare e semplificare il meccanismo del bollo auto, da rapportarsi non più alla potenza (kw) ma ai livelli di emissione di CO2 e allo spazio occupato. Meglio sarebbe che il “bollo auto” tornasse ad essere “bollo di circolazione”, ossia una tassazione proporzionale all’uso dell’auto e al consumo di spazio per il parcheggio, secondo i principi adottati in sede europea “chi usa paga” e “chi inquina paga”. Vincolare inoltre una parte delle risorse derivanti dal bollo auto a interventi supplementari per migliorare la mobilità urbana e il trasporto pendolare.
– Realizzare vie verdi – strade dove vietare la sosta e la fermata – lungo le arterie di maggior traffico interne ai centri urbani al fine di fluidificare la circolazione, prevedendo alternative per la sosta.
– Assicurare particolare attenzione agli utenti deboli della strada (pedoni, ciclisti, disabili ecc.), con assegnazione di risorse adeguate, sia in fase di pianificazione urbanistica (per es. realizzazione di reti di piste ciclabili sicure ed efficaci), sia attraverso l’uso di metodologie che consentano di valutare l’impatto sociale degli interventi sulla mobilità urbana, anche al fine di scongiurare fenomeni di esclusione sociale; occorre inoltre garantire la sicurezza delle infrastrutture di supporto (per es. valutazione degli attraversamenti pedonali e intervento per correggerne le lacune).
Queste fasce d’utenza sono particolarmente vulnerabili: 667 pedoni morti nel 2009, il 15,7% del totale, di cui la metà ultrasessantacinquenni, e indici di mortalità massimi per i veicoli a due ruote (295 morti in incidenti che hanno visto coinvolte biciclette, 212 i ciclomotori e 1.037 i motocicli, in totale più del 43% del totale esclusi i pedoni).
– Promuovere meccanismi di incentivazione per il car-sharing (l’auto in multiproprietà) e il car-pooling (l’utilizzo dell’auto in almeno tre persone).
– Formare ed educare il cittadino ad un uso responsabile del mezzo privato in ambito urbano, riducendo gli spostamenti con l’automobile se non strettamente necessari (c.d. mobilità superflua), e promuovendo corsi di guida ecologica (c.d. ecodrive).
Fonte: Legambiente
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