Distanze in edilizia: vademecum per costruire in aderenza
La Cassazione Civile ha emesso una sentenza (2 marzo 2015, n. 4155) di rilevante interesse in materia di distanze in edilizia. La frase che la definisce il dettato dei giudici in maniera palese è la seguente: se gli edifici costruiti in aderenza hanno sagome diverse, la parte eccedente deve essere arretrata.
Nel caso di specie il Tribunale di Roma veniva adito dal proprietario di un terreno che chiedeva l’arretramento della costruzione realizzata sul confine dal vicino convenuto, in violazione delle distanze legali. I giudici del tribunale applicando il criterio di prevenzione, riconoscevano la legittimità della scelta del convenuto di costruire sul confine, in aderenza alla preesistente costruzione realizzata dall’attore.
La Corte d’appello ribaltava in parte la decisione emessa in primo grado, disponendo l’arretramento ad una distanza di 5 metri dal confine per la parte di edificio che fuoriusciva dalla sagoma di quello realizzato in origine dal perveniente, estendendosi per una larghezza maggiore, lungo quella parte di confine priva di precedenti fabbricati. In questa direzione venivano demandate alla sede esecutiva le eventuali ed ulteriori questioni circa l’aspetto statico e le modalità con cui eseguire l’arretramento.
In sede di ricorso di legittimità alla Cassazione il ricorrente avanzava la pretesa di mantenere la costruzione realizzata lungo la linea di confine. La Cassazione Civile, tramite sentenza 2 marzo 2015, n. 4155, non accoglieva tale ricorso.
Inoltre, ed è ciò che più interessa ai fini dei temi trattati in questo sito, i giudici della Cassazione eccepivano l’irrilevanza dei rischi statici derivanti dall’arretramento. Tale questione era infatti stata sollevata dal ricorrente il quale lamentava il fatto che i giudici del secondo grado avessero trascurato gli eventuali pericoli statici che sarebbero potuti derivare dall’esecuzione dell’ordine di arretramento dell’immobile. I Giudici, in tutta risposta, ribadivano (ed è questo l’interessante principio che affiora dalla lettura della sentenza) che le eventuali costose conseguenze dell’arretramento, legittimamente impartito, non possono in alcun modo modificare la regola di diritto sulla cui base è stata risolta la controversia.
In caso contrario verrebbe a concretizzarsi un’ipotesi di “ragion fatta”, afferma testualmente la Cassazione, in forza della quale, chi voglia evitare i rigori normativi in tema di distanze, potrebbe adottare a priori tecniche costruttive che rendano particolarmente costosa la demolizione, ottenendo in tal modo una sorta di sanatoria a priori (o “effetto elusivo”) delle normative sul tema.
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