Costruzioni in zona sismica, nessuna deroga per le Regioni
Con la sentenza n. 201/2012 i giudici della Corte Costituzionale hanno accolto il ricorso presentato dal Governo contro l’art. 4 della legge della Regione Molise 9 settembre 2011, n. 25 (Procedure per l’autorizzazione sismica degli interventi edilizi e la relativa vigilanza, nonché per la prevenzione del rischio sismico mediante la pianificazione urbanistica).
“La normativa regionale impugnata, occupandosi degli interventi edilizi in zone sismiche e della relativa vigilanza, rientra nella materia della protezione civile, oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost” – spiegano i giudici – .
“La disposizione dell’art. 88 del d.P.R. n. 380 del 2001, richiamata dall’Avvocatura dello Stato nell’odierno ricorso, riconosce soltanto al Ministro per le infrastrutture e i trasporti, come si è detto, la possibilità di concedere deroghe all’osservanza delle norme tecniche di costruzione nelle zone considerate sismiche; e questa Corte, nella sentenza n. 254 del 2010, ha già precisato che simile previsione – dettata allo scopo di garantire «una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale» – costituisce la chiara espressione di un principio fondamentale, come tale vincolante anche per le Regioni”.
“Ne consegue che le previsioni dettate dalle norme tecniche contenute nel d.m. 14 gennaio 2008 non sono derogabili da parte delle Regioni – precisano –. Il punto 8.4.1, lettera c), di tali norme tecniche, relativo alle costruzioni esistenti nelle aree sismiche, fissa il limite del 10 per cento per le variazioni che comportino incrementi di carico globali, al di sopra del quale occorre procedere alla valutazione della sicurezza.
“La disposizione regionale impugnata, invece, impone, nel suo terzo periodo, l’obbligo della variante progettuale, da denunciare preventivamente con espresso riferimento al progetto principale, soltanto per le modifiche architettoniche che comportino un incremento dei carichi superiore al 20 per cento e, nel quarto periodo, prevede che, al di sotto o nell’ambito dei limiti indicati, sia sufficiente, «nell’ambito delle responsabilità proprie della direzione dei lavori», il deposito della verifica strutturale. La norma, in tal modo, si pone in contrasto con un principio fondamentale dettato dalla normativa statale.
La disposizione censurata, contenuta nel terzo e nel quarto periodo, dell’impugnato comma 3 dell’art. 4, è, quindi, costituzionalmente illegittima. Va affermata, di conseguenza, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale anche del primo e del secondo periodo del medesimo comma 3; essi, infatti, privati del riferimento al quarto periodo, rimarrebbero incompleti e privi di possibilità di applicazione e, comunque, dispongono, anche detti periodi, nell’ambito di previsioni derogatorie riservate alla competenza statale”.
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