Autorizzazione paesaggistica ed inerzia della Soprintendenza
di M. Petrulli
L’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo n. 42/2004) così disciplina i passaggi procedimentali che conducono all’emissione (o al diniego) del provvedimento di autorizzazione paesaggistica:
- comma 7: “L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 149, comma 1, (…). Qualora detti presupposti non ricorrano, l’amministrazione verifica se l’istanza stessa sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso. Entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento, e dà comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo”;
- comma 8: “Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità”;
- comma 9: “Decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. Con regolamento (…) sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 20, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”.
Come evidenziato dal TAR Campania, Napoli, sez. III, nella sent. 16 novembre 2023, n. 6297, la suddetta normativa – nel fissare una ben precisa cadenza procedimentale quanto all’obbligo di provvedere in merito all’istanza di autorizzazione paesaggistica, con particolare riguardo all’osservanza dei termini in essa prescritti (40 giorni per la trasmissione della pratica alla Soprintendenza, 45 giorni per il rilascio del parere da parte di quest’ultima ed ulteriori 20 giorni per emettere il provvedimento finale) – contempla, una volta decorso il termine ultimo di 60 giorni perché sia reso l’apporto consultivo da parte della Soprintendenza, un’ipotesi non di silenzio significativo ma di silenzio devolutivo in favore dell’amministrazione competente tenuta ad emettere il provvedimento finale (nella specie l’amministrazione comunale): ciò in ragione della natura speciale della disciplina in commento, frutto della peculiare pregnanza che la tutela dell’interesse paesaggistico riveste nel nostro ordinamento, in ossequio alla quale l’inutile esaurirsi dello spazio temporale che connota la scansione del procedimento non assume tacito significato provvedimentale, ma costituisce fatto devolutivo della competenza nei confronti dell’autorità preposta alla gestione del vincolo, non arrestando il relativo procedimento.
Nello stesso solco l’orientamento in parola ha tenuto a precisare che al parere soprintendentizio è inapplicabile l’istituto del silenzio assenso tra amministrazioni di cui all’art. 17-bis della Legge n. 241/1990, in quanto il rapporto amministrativo è di carattere verticale e non orizzontale, intercorrendo detto rapporto – in mancanza di uno schema di provvedimento formato dall’amministrazione procedente su cui l’amministrazione interpellata sia chiamata a statuire – tra il privato che propone l’istanza di autorizzazione paesaggistica e l’amministrazione titolare del potere decisionale (nella specie, si ripete, l’amministrazione comunale), e non tra quest’ultima e l’amministrazione interpellata (cioè la Soprintendenza). In altri termini, in materia di accertamento della compatibilità paesaggistica di un determinato intervento edilizio, si assiste alla devoluzione all’amministrazione interpellata del potere sostanziale decisorio e all’attribuzione all’amministrazione procedente (preposta alla gestione del vincolo) del potere di provvedere in conformità, senza possibilità di discostarsi da quanto statuito dalla Soprintendenza, con la conseguenza che la decisione finale non è il risultato di un accordo tra amministrazioni co-decidenti (ciascuna delle quali titolare del potere di influire sulla valutazione di merito), accordo che costituisce il presupposto di applicabilità dell’art. 17-bis cit., la cui funzione tipica è proprio quella di favorire il raggiungimento del consenso necessario per l’adozione del provvedimento finale, ex lege agevolato dalla formazione di un atto di assenso per silentium.
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In linea con quanto sopra esposto, si è poi puntualizzato che il parere soprintendentizio formulato tardivamente, cioè oltre il termine di legge di 45 giorni, non diviene illegittimo – non essendo prevista una norma che, in via generale, riconnetta alla tardività di tale parere la decadenza della funzione consultiva esercitata dall’organo statale in ambito paesaggistico – ma perde il suo carattere vincolante per l’amministrazione procedente, con la conseguenza che deve essere quest’ultima a motivare sulla concedibilità o meno dell’autorizzazione paesaggistica e, se potrà utilizzare argomenti espressi nel parere tardivo della Soprintendenza, non potrà però recepire acriticamente detto parere, dovendo invece assumersi interamente l’onere di decidere attraverso un’autonoma e motivata valutazione del parere stesso.
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