Architetti, 141 giorni di attesa per essere pagati dalle p.a.
Per gli architetti italiani la solvibilità del mercato è un aspetto grave tanto quanto la crisi della domanda: il problema non è solo perdere o non trovare il lavoro, ma anche che il lavoro possa non essere pagato.
Sono, infatti, la dilatazione dei tempi di pagamento, l’aumento delle insolvenze, l’impatto sulla posizione finanziaria – oltre naturalmente quello della concorrenza e della distribuzione dell’impegno lavorativo – i segni più evidenti della crisi per gli architetti italiani.
E’ quanto emerge da una ricerca realizzata dal Cresme per il Consiglio Nazionale degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori che ha coinvolto un campione di quasi 2mila professionisti.
Nel 2011, per il 27% degli architetti, il peso delle insolvenze ha superato il 20% del proprio volume di affari.
Collateralmente crescono i tempi di pagamento da parte della clientela. In media, i giorni necessari per ottenerlo – da parte della Pubblica Amministrazione – sono passati, tra 2006 e 2011, da 91 a 141; dalle imprese, si è passati da 57 a 106 giorni; dalle famiglie da 49 a 81 giorni; da altri professionisti da 38 a 64.
Per quanto riguarda la situazione finanziaria, è il 45% a dichiarare di avere debiti con banche, società finanziarie o fornitori, con una quota decisamente più elevata che si registra nelle provincie del Sud (51%). Negli ultimi due anni la situazione è andata significativamente peggiorando: i debiti con i fornitori sono cresciuti, nel 2010, per il 17% degli architetti, e cresceranno ad una quota anche maggiore (al 29%) alla fine dell’anno in corso.
Conseguenza di questa situazione, quella di costringere i professionisti ad intervenire sulle spese: nel 2011 quasi il 63% degli architetti si è adoperato per ridurre i costi della propria attività (contro il 43% che lo aveva fatto nel 2010 e il 57% nel 2009). Ma sono circa il 61% i professionisti che, nonostante tutto, continuano ad investire, nel 2011 ancora più che nel 2010 (quando lo aveva fatto il 56% degli intervistati).
Ulteriore conseguenza è anche la diminuzione – sia pure leggera- delle ore dedicate all’attività professionale vera e propria: dalle circa 42 ore settimanali medie del 2006-2008 si passa alle 41 ore del 2011. Cambia soprattutto la distribuzione dell’impegno lavorativo. Cresce, infatti, la percentuale di ore dedicate alla ricerca di lavoro e all’aggiornamento, mentre calano sensibilmente le ore dedicate ai lavori già acquisiti (da 29,5 a 25,6).
Significativa è poi la crescita – dal 20% del 2009 al 22% del 2011 – della percentuale di architetti che ha dichiarato di aver perso, in un anno, più di un quarto del proprio fatturato, e dal 13 al 24% per quanto riguarda perdite tra il -5 e il -25%, con una conseguente riduzione del 25% del proprio reddito annuo. Perdite e riduzioni che sono da attribuire al crollo del mercato della costruzione di nuove abitazioni e a quello dei lavori pubblici.
Nonostante questo quadro decisamente negativo per il 70% degli architetti italiani – secondo il campione di età media di 43 anni e , nell’82% dei casi, liberi professionisti – vi sono settori con aspettative di crescita : la quasi totalità degli architetti è convinta che vi sarà una vasta crescita della domanda di energy technology, accompagnata dallo sviluppo di tecniche innovative nelle costruzioni e nei nuovi materiali e nell’informatizzazione della progettazione.
Alla crisi della nuova produzione, che continuerà nel settore residenziale e non residenziale, per il 70% degli intervistati si contrapporrà la tenuta del mercato della riqualificazione, soprattutto di quella residenziale. Più di un quarto degli architetti è convinto che nei prossimi cinque anni vi sarà una crescita della domanda proveniente dall’estero.
D’altra parte, di fronte a questo scenario di crisi, un terzo degli intervistati sta prendendo in considerazione la possibilità di avviare o incrementare la propria attività all’estero.
I segmenti di mercato sui quali puntare nei prossimi anni sono quelli del risparmio energetico, delle energie rinnovabili e della riqualificazione. Tematiche il cui sviluppo corre parallelo con la crescita di alcuni segmenti specifici, come l’housing sociale e il project financing. Mentre da evidenziare, ancora una volta, la minore fiducia che gli architetti manifestano nella crescita del mercato degli ampliamenti, confermando un sostanziale scetticismo sulla reale portata del “Piano Casa 2”, nonostante molte legislazioni regionali siano state riviste.
“E’ evidente – afferma il Consiglio Nazionale degli Architetti – che per mettere a punto una strategia di lungo periodo e per ridisegnare la professione di architetto occorre che la riconfigurazione del mercato e la riforma delle professioni siano considerati elementi imprescindibili. Questo affinché, anche attraverso le scuole di architettura, si torni a promuovere la nostra cultura dell’abitare nel mondo ed affinché l’architettura possa svolgere il proprio indispensabile ruolo per lo sviluppo sostenibile del Paese.
Pur svolgendo l’utile funzione di sussidiarietà dello Stato in funzione di certificatori in varie attività, il vero obiettivo degli architetti italiani è quello di essere capaci di fornire all’Italia e al mondo progetti di rigenerazione urbana e ambientale, innovativi nelle tecniche, sostenibili economicamente, destinati a migliorare la qualità della vita dei cittadini”.
Per Lorenzo Bellicini “l’indagine mette in evidenza da un lato la dimensione della gravità della crisi che assume aspetti ancor più pesanti per gli architetti più giovani in termini di capacità di reddito; dall’altro conferma un forte processo di riconfigurazione del mercato e la consapevolezza che l’architetto è chiamato ad un salto tecnico-culturale verso un nuovo know how progettuale, potremmo dire una nuova segmentazione dell’attività professionale. Si tratta di un terreno fertile per lo sviluppo di nuove forme integrate di conoscenza e professionalità con importanti prospettive di crescita in Italia e all’estero.”
Fonte: Cnappc
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