I poteri dell’ufficio tecnico comunale dinanzi ad una SCIA edilizia
di M. Petrulli
La conformazione della SCIA
Dinanzi ad una SCIA, l’ordinamento prevede in capo alla Pubblica Amministrazione un triplice ordine di poteri: conformativi, inibitori e repressivi.
Per quanto concerne il primo di tali poteri, dinanzi ad una SCIA che presenta elementi ostativi ma conformabili per rendete legittimo l’intervento, l’ufficio tecnico, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime; in difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata (art. 19, comma 3, della Legge n. 241/90).
Si pensi all’ipotesi di utilizzo di materiali diversi o di una modifica progettuale.
PER APPROFONDIRE >> LEGGI I NOSTRI APPROFONDIMENTI SULLA SCIA EDILIZIA.
L’inibitoria nei trenta giorni precedenti l’intervento
L’art. 23, comma 1, del Testo Unico Edilizia dispone che il proprietario dell’immobile o chi abbia titolo per presentare la segnalazione certificata di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la segnalazione, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
Il comma 6 del medesimo articolo prevede che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la SCIA, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.
In relazione all’inibitoria dei lavori, la giurisprudenza ha affermato che il suddetto termine deve considerarsi perentorio [1] e che non è richiesta la comunicazione di avvio del procedimento [2], visto che la SCIA non è qualificabile come provvedimento amministrativo, ma come atto in tutto e per tutto del privato, al quale non si applica la disciplina dell’art. 10–bis della Legge n. 241/1990.
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PARTE II >> Sempre possibile l’inibitoria nel caso di utilizzo di una SCIA in luogo del necessario permesso di costruire.
PARTE III >> Inibitoria di una SCIA e comunicazione di avvio del provvedimento.
D’altro canto, il breve termine assegnato per l’esercizio dei poteri inibitori non è compatibile con l’instaurazione preventiva del contraddittorio procedimentale, che nel disegno del legislatore si svolge, semmai, nella fase successiva all’adozione del divieto di prosecuzione dell’attività e può eventualmente condurre alla conformazione dell’attività intrapresa; il contraddittorio successivo, in altre parole, è coerente con la natura stessa del controllo sulla S.C.I.A., che interviene dopo l’avvio dell’attività secondo un modello di liberalizzazione “temperata” [3].
L’annullamento della SCIA dopo i trenta giorni dalla presentazione
Una volta decorso inutilmente il termine per l’esercizio dei poteri inibitori (trenta giorni dalla presentazione), residuano in capo all’Amministrazione solo gli ordinari poteri di autotutela, da esercitarsi nel rispetto dei presupposti di legge: secondo la giurisprudenza [4], infatti, l’inutile spirare del termine accordato dalla legge per l’inibizione dei lavori o dell’intervento edilizio preannunciati con una SCIA non priva l’amministrazione del potere di controllo urbanistico – edilizio e dell’eventuale potere sanzionatorio in ordine ad interventi realizzati in violazione della pertinente normativa e, quindi, in presenza di una SCIA illegittima, l’Amministrazione può intervenire anche oltre il termine dei 30 giorni dalla presentazione ma solo alle condizioni cui la legge subordina il potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi, tenendo conto, oltre che degli eventuali profili di illegittimità dei lavori assentiti per effetto della SCIA ormai perfezionatasi [5], dell’affidamento ingeneratosi in capo al privato per effetto del decorso del tempo e, comunque, esternando le ragioni di interesse pubblico a sostegno del provvedimento repressivo [6].
Conseguentemente, l’annullamento richiede la comunicazione di avvio del procedimento [7], in ossequio al principio che ogni provvedimento di secondo grado [8] è idoneo ad incidere su posizioni giuridiche ormai acquisite in capo al destinatario e richiede, pertanto, il necessario coinvolgimento prima dell’emanazione del provvedimento definitivo.
Peraltro, muovendo dal disposto di cui al comma 2-bis dell’art. 21 nonies L. 241/90, secondo cui “I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti (…) possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1”, la giurisprudenza ha anche affermato che “Quando un titolo abilitativo è stato ottenuto dall’interessato in base a una falsa o erronea rappresentazione della realtà, è consentito all’Amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa” ; ciò in quanto, “l’erronea prospettazione, da parte del privato, delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza che l’onere motivazionale gravante sull’Amministrazione può dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte” [9].
Note
[1] TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 9 gennaio 2015, n. 241; sez. I quater, sent. 30 dicembre 2016, n. 12891.
[2] TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 21 settembre 2023, n. 2028; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 18 febbraio 2019,
n. 1111; TAR Puglia, Lecce, sez. III, sent. 5 dicembre 2019, n. 1916; TAR Veneto, sez. III, sent. 31 gennaio 2018, n. 95.
[3] TAR Toscana, sez. III, sent. 24 marzo 2020, n. 360.
[4] TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 30 maggio 2024, n. 484; TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 6 maggio 2020 n.
4761; TAR Lombardia, Milano, sent. 2 maggio 2020 n. 725; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 18 dicembre 2018,
n. 2142; TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 6 febbraio 2015, n. 937; TAR Lazio, Roma, sez. I quater, sent. 30
dicembre 2016, n. 12891; sez. II quater, sent. 9 gennaio 2015, n. 241; TAR Puglia, Bari, sez. II, sent. 20 febbraio 2017,
n. 161.
[5v TAR Veneto, sez. III, sent. 26 luglio 2016, n. 893.
[6] TAR Lazio, Latina, sent. 6 giugno 2018, n. 290.
[7] TAR Veneto, sez. II, sent. 17 settembre 2019, n. 985; TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 8 novembre 2016, n. 11054;
Latina, sez. I, sent. 31 agosto 2016, n. 536; TAR Lombardia, Milano, sez. I, sent. 8 giugno 2016, n. 1141.
[8] Ancorché non tecnicamente di secondo grado: “Tale potere residuale di autotutela –ha chiarito la giurisprudenza
–deve essere inteso “come potere sui generis, che si differenzia dalla consueta autotutela decisoria perché non implica
un’attività di secondo grado insistente su un precedente provvedimento amministrativo; un potere che tecnicamente non
è di secondo grado, in quanto non interviene su una precedente manifestazione di volontà dell’;amministrazione, ma che
con l’autotutela classica condivide soltanto i presupposti e il procedimento”: Consiglio Stato, sez. V, sent. 11 dicembre
2015, n. 5646.
[9] Consiglio di Stato sez. IV, sent. 30 giugno 2023, n. 6387; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 23 aprile 2021, n.
1037; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 30 maggio 2024, n. 484.
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