Le scelte urbanistiche dell’Amministrazione? Ampiamente discrezionali

Per pacifica e consolidata giurisprudenza, in sede di approvazione di uno strumento urbanistico generale, l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta per l’Amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle differenti scelte operate, anche nel momento in cui queste siano nettamente peggiorative per i proprietari e per le loro aspettative, dovendosi in tali casi dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire (Cons. Stato, sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3142; id., sez. IV, 15 maggio 2012, n. 2759).

Il tema viene analizzato in maniera puntuale da una recentissima sentenza del TAR Toscana, la n. 1198 dell’8 settembre 2015. Consultala nella nostra sezione speciale.

Inoltre la mera esistenza, nella pianificazione previgente, di una destinazione urbanistica più favorevole al proprietario non è circostanza sufficiente a fondare in capo a quest’ultimo quell’aspettativa qualificata la cui sussistenza imporrebbe all’Amministrazione un obbligo di più puntuale e specifica motivazione rispetto a quella, di regola sufficiente, basata sul richiamo alle linee generali di impostazione del Piano (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1767).

In definitiva, le scelte di politica urbanistica espresse negli strumenti generali di pianificazione si caratterizzano per la loro ampia discrezionalità in ordine ai tempi e alle modalità di intervento sul proprio territorio circa la destinazione di singole aree, in funzione delle concrete possibilità operative che solo l’Amministrazione è in grado di accertare e che, pertanto, non sono sindacabili in sede di giudizio di legittimità se non per la loro manifesta illogicità, contraddittorietà o insussistenza dei presupposti (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile, n. 2103; id. 26 agosto 2014, n. 4291).

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