Certificazione energetica: sentenza contro la Regione Puglia
È dell’11 giugno scorso la sentenza 2426/2010 del Tribunale amministrativo della regione Puglia che, accogliendo in toto il ricorso degli Ordini degli ingegneri delle province pugliesi, ha annullato la delibera 2272/2009 della Giunta regionale e il collegato regolamento 10/2010 dal titolo Regolamento per la certificazione energetica degli edifici ai sensi del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192.
In base a questa sentenza, dunque, i professionisti pugliesi potranno rilasciare il Certificato di sostenibilità ambientale e l’ACE (Attestato certificazione edifici) senza necessità di seguire corsi specifici.
L’oggetto del ricorso, giova ricordarlo, promosso dagli Ordini degli ingegneri delle province di Bari, Foggia, Taranto e Lecce, verteva sulla contestazione della delibera della Giunta della Regione Puglia 2272/2009 nella parte in cui prevede che l’abilitazione degli ingegneri pugliesi al rilascio del certificato di sostenibilità ambientale e dell’attestato di certificazione energetica degli edifici sia subordinata alla frequenza di uno specifico corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione Puglia e al superamento di un apposito esame.
A complicare ulteriormente l’esercizio professionale degli ingegneri, la delibera stabiliva inoltre che i soggetti certificatori abilitati dovessero iscriversi in un apposito elenco, che l’accreditamento avesse durata di cinque anni e che per il mantenimento dell’accreditamento i professionisti dovessero sostenere un altro esame alla fine del primo quinquennio “volto all’accertamento del livello di aggiornamento dei soggetti certificatori stessi”.
Infine, la Regione Puglia avrebbe potuto ritirare l’accreditamento nel caso di gravi inadempienze e carenze di eticità professionale, inoltre i soggetti certificatori accreditati in fase transitoria dovevano comunque sostenere l’esame abilitante ai fini dell’iscrizione nell’albo. Insomma, una vera e propria categoria professionale a parte.
I giudici amministrativi, pur riconoscendo che la materia delle professioni rientra tra quelle esplicitamente indicate dall’art. 117, comma 3 della Costituzione come di competenza concorrente Stato/regioni, hanno comunque evidenziato (sulla base di una consolidata giurisprudenza in merito) che spetta unicamente alla legislazione statale creare eventualmente un nuovo profilo professionale, individuandone i requisiti e i titoli abilitanti, istituendo un registro regionale ad hoc.
La conclusione a cui è dunque giunto il Tribunale amministrativo è quella secondo la quale una qualsiasi regolamentazione (sia a livello normativo, legislativa o regolamentare che sia, che a livello provvedi mentale) da parte della regione di profili afferenti alla creazione di un nuovo profilo professionale e alla individuazione dei relativi titoli abilitanti si pone in insanabile contrasto la previsione costituzionale di cui all’art. 117, comma 3 della Costituzione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA