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La nozione di pertinenza in edilizia alla luce della giurisprudenza
La pertinenza in ambito edilizio possiede un significato circoscritto e limitato alle sole ipotesi di manufatti privi di intrinseco valore e non autonomamente utilizzabili
Il novero degli interventi edilizi è ampio ed occorre comprendere la natura di questi ultimi al fine di individuare in maniera chiara il regime legislativo che ne disciplina gli effetti.
Gli interventi relativi alla realizzazione di pertinenze edilizie, elementi accessori, impianti tecnologici o nuove costruzioni sono disciplinati differentemente tra loro a livello tecnico, normativo, giurisprudenziale e sanzionatorio. In questo senso esistono piccole differenze che contribuiscono a modificare il titolo edilizio richiesto per la realizzazione dell’opera.
Il Consiglio di Stato ha negli ultimi anni precisato che la pertinenza è configurabile quando vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e quella principale e, cioè, un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, oltre che una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce.
Sulle pagine di Ediltecnico.it, l’Arch. Mario di Nicola ha analizzato tale tematica prendendo in considerazione i vari tasselli che compongono il concetto di pertinenza nel nostro ordinamento, alla luce delle pronunce della giurisprudenza. Eccone una rapida sintesi.
A differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, e anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto carico urbanistico (come afferma il Consiglio di Stato, sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6756).
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che non possa esservi alcun dubbio sull’assenza della natura pertinenziale, ai fini edilizi, quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio.
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Particolarmente significativa è la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3074, che esamina la vicenda edilizia di un pollaio, una concimaia ed una struttura con cisterna per deposito di gasolio. Tali opere, ha sottolineato il Consiglio, non possono essere valutate come mere pertinenze, avendo la nozione di “pertinenza” in ambito edilizio, “un significato assai circoscritto e limitato alle sole ipotesi di manufatti privi di intrinseco valore e non autonomamente utilizzabili e che non occupano una superficie ulteriore rispetto al manufatto principale”, mentre tutte le opere in questione presentano, invece, “un’autonoma utilità ai fini dell’esercizio della attività di allevamento o di stoccaggio di carburante, occupano una superficie diversa e ulteriore rispetto al manufatto che si assume come principale e sono palesemente idonee a modificare l’assetto territoriale, vista l’incidenza che le correlate attività produttive hanno anche ai fini del carico urbanistico”.
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