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Opere precarie e permesso di costruire: il caso delle tende a casetta
Il Consiglio di Stato in una recente sentenza (27 aprile 2016 n. 1619) concede maggiore elasticità per le strutture non idonee a generare reali volumi
Opere precarie: maggiore elasticità per le strutture non idonee a generare veri e propri volumi. A confermare tale orientamento permissivo della giurisprudenza è il Consiglio di Stato nella recente sentenza 27 aprile 2016 n. 1619. Le strutture di tale tipologia (nello specifico le tende rigide “a casetta”), infatti, non realizzerebbero una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” idonea a rendere necessario uno specifico provvedimento.
Toccato dalla pronuncia una situazione in svolgimento all’interno del Comune di Roma: ma il principio che affiora dalla stessa possiede valenza rilevante per tutto il territorio italiano. Rammentiamo in tale direzione che, a livello di principi generali, al fine di qualificare un’opera come precaria non basta verificare le caratteristiche dei materiali (spessore, resistenza) né le modalità di collegamento al suolo. Risulta necessario al contrario fare specifico riferimento alle esigenze (di natura stabile o temporanea) che l’opera è diretta a soddisfare. Sostanzialmente, occorre tener presente il carattere dell’utilizzo dell’opera, nel senso che se esso non è continuativo si può dedurre una precarietà e quindi la installazione senza necessità di presentazione di un titolo abilitativo.
Il caso di specie analizzato dai supremi giudici amministrativi faceva riferimento a due strutture di alluminio anodizzato atte a ospitare una tenda retrattile in materiale plastico su un terrazzo. Risultava in questo senso dubbia la temporaneità della loro utilizzazione, mentre non era in discussione la circostanza che la struttura garantisse una migliore fruizione dello spazio. Nel testo della sentenza si parla di “un terrazzo di proprietà” e “realizzazione di una pergotenda di circa metri quadrati 34 nei due lati liberi di detta struttura risultano installate tende plastiche scorrevoli su binari, comandate elettricamente; il timpano della struttura risulta chiuso con una tenda plastica fissa. Installazione di un elemento frangisole in lamelle di alluminio. Sul terrazzo di proprietà realizzazione di una pergotenda di circa metri quadrati 15. Chiusa da elementi in vetri mobili del tipo a pacchetto scorrevoli su binari; il timpano risulta chiuso con vetro fisso”.
Ma cosa ha statuito il Consiglio di Stato in merito? Ecco la sintesi: la struttura non realizzava una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” che rendesse necessario uno specifico provvedimento.
Infatti, l’opera principale non è la struttura in sé, di plastica o metallo, con parti mobili o fisse, bensì la tenda, quale elemento di protezione da sole e agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dell’esterno dell’unità abitativa. In un contesto già edificato, quindi, la struttura in alluminio anodizzato è un mero elemento accessorio, necessario al sostegno ed all’estensione della tenda.
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A parere dei giudici, in sintesi, non occorre il previo rilascio del permesso di costruire nel caso di una tenda retrattile, poiché questa si incarna in un mero elemento di arredo del terrazzo su cui insiste. Soltanto nel caso in cui la struttura sia tamponata sui due lati liberi da lastre di vetro mobili “a pacchetto”, munite di supporti che manualmente scorrano in appositi binari, con un vetro fisso superiore, il tutto inserito nelle strutture di alluminio anodizzato, si configurerebbe un vero nuovo volume.
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