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Gestione di una istanza di permesso di costruire in sanatoria e violazione del principio di buona fede
Il silenzio sulla istanza di sanatoria protratto per oltre 60 giorni determina la formazione di un provvedimento tacito di rigetto, ciò determina il sorgere in capo al privato di una posizione di affidamento tutelabile secondo il principio di buona fede: è quanto affermato dal T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, nella sent. 23 aprile 2024, n. 136.
di M. Petrulli
Come è noto, ai sensi dell’art. 36, comma 3, del Testo Unico Edilizia[1], il silenzio sulla istanza di sanatoria protratto per oltre 60 giorni determina la formazione di un provvedimento tacito di rigetto[2].
Lo scadere di tale termine, tuttavia, non impedisce all’Amministrazione stessa di provvedere in modo espresso e in tal caso il provvedimento lesivo, su cui si concentra l’onere di tempestiva impugnazione, diventa appunto quello espresso; questo significa che, se l’ufficio tecnico, nonostante siano decorsi i 60 giorni previsti, adotta comunque un preavviso di diniego, tale comportamento manifesta incontrovertibilmente la scelta dell’Amministrazione di provvedere espressamente: ciò determina il sorgere in capo al privato di una posizione di affidamento tutelabile secondo il principio di buona fede: è quanto affermato dal T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, nella sent. 23 aprile 2024, n. 136.
Tale principio, in quanto positivizzato nella norma sul procedimento amministrativo e diretta attuazione, per il diritto amministrativo, anche del principio di buon andamento di cui all’articolo 97 comma 2 della Costituzione e dunque regola e limite di esercizio del potere stesso[3], rileva, ad avviso del Collegio, come norma di validità e non solo come norma di comportamento.
In altri termini, nel caso di specie, essendosi l’Amministrazione autovincolata a pronunciarsi espressamente sulla istanza di sanatoria, non si sarebbe potuto adottare il provvedimento di demolizione prima della conclusione del relativo procedimento e dell’adozione del provvedimento finale espresso di diniego.
La conseguenza di tale mancato rispetto del principio di buona fede è stata l’annullamento, da parte del giudice amministrativo, del provvedimento di demolizione illegittimamente adottato.
Note
[1] DPR n. 380/2001.
[2] T.A.R. Campania, Salerno, sez. III, sent. 12 gennaio 2023, n. 277.
[3] Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sent. n. 20/2021, secondo cui l’affidamento “non è infatti una posizione giudica soggettiva autonoma distinta dalle due, sole considerate dalla Costituzione, ma ad esse può alternativamente riferirsi. Più precisamente, l’affidamento è un istituto che trae origine nei rapporti di diritto civile e che risponde all’esigenza di riconoscere tutela alla fiducia ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata. Dell’affidamento sono applicazioni concrete, tra le altre, la “regola possesso vale titolo” ex art. 1153 cod. civ., l’acquisto dall’erede apparente di cui all’art. 534 cod. civ., il pagamento al creditore apparente ex art. 1189 cod. civ. e l’acquisto di diritto di diritti dal titolare apparente ex artt. 1415 e 1416 cod. civ., il cui denominatore comune consiste nell’attribuire effetti all’atto compiuto dalla parte che in buona fede abbia pagato o contrattato con chi ha invece ricevuto il pagamento o alienato senza averne titolo.
Sorto in questo ambito, l’affidamento ha ad oggi assunto il ruolo di principio regolatore di ogni rapporto giuridico, anche quelli di diritto amministrativo.
È in questo senso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che, con affermazione di carattere generale, ha statuito che l’affidamento «è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività» (Cons. Stato, VI, 13 agosto 2020, n. 5011). Nella pronuncia ora richiamata non si è condiviso l’orientamento assolutamente prevalente nella giurisprudenza della Corte regolatrice secondo cui l’affidamento costituisce un diritto autonomo, con conseguente devoluzione al giudice ordinario delle controversie risarcitorie nei confronti della pubblica amministrazione per lesione da affidamento sulla stabilità del provvedimento favorevole poi annullato. Nella pronuncia in esame si è invece posto in rilievo che, in conformità alla sua origine quale istituto giuridico espressione di un principio più che di una situazione soggettiva, l’affidamento «contribuisce a fondare la costituzione di particolari rapporti giuridici e situazioni soggettive» e che nei rapporti con l’amministrazione essa si traduce nell’«aspettativa del privato alla legittimità del provvedimento amministrativo rilasciato», che se frustrata può essere fonte di responsabilità della prima”.
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