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Ristrutturazione ricostruttiva tramite SCIA
La ristrutturazione ricostruttiva, autorizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), è ammissibile purché siano rispettati i volumi, l’area di sedime del manufatto originario e, per gli immobili vincolati, anche la sagoma: il principio di diritto enunciato dalla Corte Costituzionale
di MARIO PETRULLI
La ristrutturazione ricostruttiva, autorizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), è ammissibile purché siano rispettati i volumi, l’area di sedime del manufatto originario e, per gli immobili vincolati, anche la sagoma: è il principio di diritto enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 24 aprile 2020, n. 70, avente ad oggetto alcune norme della legislazione regionale della Puglia in materia (art. 2, l.r. n. 59/2018 e artt. 7 e 8 della l.r. n. 5/2019), dichiarate incostituzionale perché non rispettose di tale principio, in quanto consentivano un aumento volumetrico ed una possibile diversa dislocazione dei volumi.
Nell’occasione i giudici hanno anche affermato che il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), nel disporre che «in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo», detta evidentemente una regola unitaria, valevole sull’intero territorio nazionale, diretta da un lato a favorire la rigenerazione urbana e, dall’altro, a rispettare l’assetto urbanistico impedendo ulteriore consumo di suolo (come, peraltro, si trae dai lavori preparatori della legge di conversione dell’art. 5, comma 1, lettera b-bis, del d.l. n. 32/2019).
I giudici hanno ricostruito le diverse norme che si sono succedute nella definizione della nozione di ristrutturazione.
In origine, l’art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico Edilizia disponeva che, in caso di demolizione, la ricostruzione per essere tale e non essere considerata una nuova “costruzione” – che avrebbe in tal caso richiesto un apposito permesso di costruire, e non una mera segnalazione certificata di inizio attività (artt. 10 e 22 del Testo Unico) – doveva concludersi con la «fedele ricostruzione di un fabbricato identico», comportando dunque identità di sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali.
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