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Sede di una associazione del terzo settore e controlli da parte dell'ufficio tecnico comunale
Tutte le osservazioni di rilievo del nostro esperto
di MARIO PETRULLI
L’art. 71 del decreto legislativo n. 179/2017 (Codice del Terzo settore), sostanzialmente riproduttivo dell’art. 32, comma 4, della legge n. 383/2000 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), dispone che “Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Volendo sintetizzare, un’associazione di promozione sociale può fissare la sua sede e svolgere le proprie attività, in un qualsiasi immobile, con una qualsiasi destinazione d’uso, in una qualunque zona urbanistica del territorio comunale, senza che ciò venga considerato mutamento di destinazione d’uso: tuttavia, la sede deve comunque, rispettare i requisiti di agibilità/abitabilità e le norme minime di sicurezza e se il locale è sprovvisto di tali requisiti, è indispensabile ottenere la relativa certificazione. La sostanziale possibilità di insediare nei locali utilizzati dalle associazioni di promozione sociale anche attività non compatibili con le destinazioni di zona è poi confermata anche dall’art. 2, 2° comma lett. e) del d.P.R. 4 aprile 2001, n. 235 (regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati) che prevede solo il requisito della conformità “alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria e ai criteri di sicurezza”, ma non alle destinazioni di zona.
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