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La sanzione pecuniaria in luogo della demolizione: le differenze fra edificio residenziale e ad usi diversi
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di MARIO PETRULLI
Come è noto, l’art. 34, comma 2, del Testo Unico Edilizia dispone che “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.
Sulla portata di tale disposizione è intervenuta la giurisprudenza amministrativa, rilevando che la disposizione appena citata distingue gli abusi realizzati in relazione ad immobili ad uso abitativo da quelli su immobili destinati ad uso diverso da quello residenziale.
La norma opera un rinvio alla legge n. 392/1978 (legge sull’equo canone), in larga parte abrogata dalla legge n. 431/1998; in particolare, sono stati abrogati gli artt. 14 e 22, con riferimento alle locazioni abitative, utili al calcolo del costo base. Detta circostanza, comunque, non rappresenta un problema: secondo la giurisprudenza, infatti, “il rinvio disposto dall’art. 12 della legge n.47 del 1985 (e poi dall’art. 34 del T.U. n. 380 del 2001) alla normativa sull’equo canone va inteso in senso materiale, come riferito cioè ad una specifica metodologia di calcolo del costo di produzione degli immobili, metodologia da utilizzare anche dopo la intervenuta modifica del regime delle locazioni abitative”.
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