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Nuovo codice appalti: i costi per la PA per provvedere all’adozione del BIM
Il professore del Politecnico di Milano Giuseppe Di Giuda stima le spese di formazione e di software per le pubbliche amministrazioni
Un conto salato, da circa 450 milioni di euro, che ricadrà su tutte le 32mila stazioni appaltanti italiane, Comuni compresi. Il Building information modeling (BIM), la nuova metodologia di organizzazione del processo edilizio che consentirà di digitalizzare i nostri cantieri, a partire dai progetti, si configura senza alcun dubbio come una grande rivoluzione virtuosa per la Pubblica Amministrazione italiana. Proprio per questo motivo il Ministero delle Infrastrutture si è battuto per introdurre l’obbligo di utilizzarlo nella riforma degli appalti di aprile del 2016. Il BIM è, tuttavia, anche un gigantesco business per imprese, software house, professionisti e formatori.
Ricordiamo che è ormai trascorso più di un anno dall’entrata in vigore del nuovo codice appalti ma per il percorso di adozione della metodologia BIM c’è ancora molto da fare. L’uso del BIM è stato introdotto negli appalti pubblici per le nuove opere e per gli interventi di recupero, con priorità agli interventi più complessi (oltre i 15 milioni di euro o di particolare difficoltà di esecuzione o in cui sia previsto l’uso di materiali innovativi) ma attualmente le pubbliche amministrazioni hanno ancora parecchie difficoltà ad aggiornare le procedure.
Particolare interesse a questo riguardo assumono le stime di costo elaborate dal professor Giuseppe Di Giuda del Politecnico di Milano, pubblicate sul Sole24Ore di ieri. Grazie a tali elaborazioni è ora possibile effettuare qualche calcolo sugli impatti delle misure in arrivo.
Per fare qualche calcolo sui costi che è necessario affrontare, bisogna partire dalle spese di formazione, partendo dal principio che tutte le amministrazioni, alla luce del nuovo decreto, dovranno avere almeno una persona in grado di orientarsi nel mondo del BIM. Magari non gli servirà progettare, ma dovrà essere in grado di comprendere i progetti. Il costo di un corso di formazione di 180 ore può aggirarsi intorno ai 2.400 euro a persona. Che salgono di molto per un master comprensivo di stage: in questo secondo caso parliamo almeno di 6.500 euro. Ma – ripetiamo – non è detto che un progettista BIM serva a tutte le PA.
Oltre ai costi legati alla formazione affiora, poi, il capitolo dei software: in questo caso il principio è che le amministrazioni dovranno essere tutte in grado di avere alcune funzionalità base, diverse dalla progettazione. Dovranno, cioè, essere tutte abilitate a visualizzare i modelli BIM e a verificare i progetti contenuti nei file. Altre funzionalità più avanzate consentiranno di gestire i computi metrici, gestire in BIM l’immobile nel corso della sua vita e, ovviamente, progettare in BIM all’interno della pubblica amministrazione.
Come si legge sul Sole24Ore “le stime più accreditate del ministero delle Infrastrutture parlano di circa 32mila stazioni appaltanti presenti nel nostro paese, escluse le scuole. A loro è possibile applicare una media di costo per l’acquisto di software: 12mila euro circa. Aggiungendo il denaro necessario per la formazione di almeno un funzionario addetto al BIM: altri 2.400 euro. Il totale, quindi, viaggia intorno ai 14mila euro abbondanti. Moltiplicato per le 32mila stazioni appaltanti, fa quasi 450 milioni di euro, in software e formazione. Senza contare che una parte di questi soldi (quella che riguarda i software, per le licenze) andrà spesa tutti gli anni”.
Alla luce di ciò va ovviamente messo in evidenza il seguente concetto: l’utilizzo del BIM porterà senza dubbio, a fronte dell’investimento iniziale, risparmi notevolissimi nel tempo. Basta solo considerare quanto l’impatto del Building information modeling possa aiutare le amministrazioni a rispettare i cronoprogrammi e a non sforare i preventivi sui costi. Detto questo, però, c’è anche da considerare l’investimento iniziale. Non è un caso che siano soprattutto i Comuni ad essere preoccupati per l’arrivo del decreto del Ministero delle Infrastrutture che fisserà gli obblighi. A loro toccherà trovare risorse nelle pieghe dei bilanci, in assenza di incentivi da parte del Governo.
Ricordiamo infine che gli obblighi di utilizzo del BIM, nella bozza di decreto, saranno graduali. L’obbligo scatterà dal 1° gennaio 2019 per le sole opere di importo superiore a 100 milioni. Si passerà poi – dal primo gennaio 2020 – alle opere di importo superiore a 50 milioni. E gradualmente a tutte le altre opere dal 2025.
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