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Costruzione-manutenzione di opere pubbliche da parte della P.A.
Cassazione civile sez. III, 8 febbraio 2008 n. 3130: principio del neminem laedere
L’attività di costruzione e/o manutenzione di opere pubbliche da parte della P.A. deve seguire il principio del neminem laedere e, nel caso di danno cagionato a terzi è obbligata al risarcimento. E’ quanto ha stabilito la Terza Sezione della Corte di Cassazione Civile, in una recente sentenza che ha confermato la condanna all’ente gestore delle strade per aver posto in essere lungo una strada consolare un sistema di illuminazione che alterava la fotosintesi nei campi limitrofi, danneggiando i raccolti.
Cassazione civile sez. III, 8 febbraio 2008 n. 3130
Ambiente – Inquinamento luminoso – Realizzazione/manutenzione di opere pubbliche – Principio del neminem laedere – Responsabilità della P.A. – Risarcimento del danno
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giulio Cesare Silvestri ha chiesto il risarcimento dei danni subiti nell’anno 1987 per la perdita della produzione agricola del suo fondo a seguito di alterazione della fotosintesi vegetale prodotta dalle lampade di illuminazione collocate dall’ANAS lungo la via Aurelia, con la quale il suo fondo confina.
La domanda è stata respinta al tribunale che ha, in particolare, rilevato come essa non avesse per oggetto l’indennizzo previsto all’art. 46 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilità ma il risarcimento integrale del danno per responsabilità aquiliana e come sotto questo profilo, accertata la funzione pubblica dell’opera, non potesse essere accolta senza la prova della illiceità della attività posta in essere per la sua realizzazione.
L’appello proposto dal Silvestri contro questa sentenza è stato respinto dalla Corte di appello di Roma che ha sostenuto come il danno, in se e per se considerato non possa "costituire l’ente in colpa" essendo necessario anche che "risultasse la realizzazione dell’attività legittima della amministrazione con modalità e caratteristiche esorbitanti rispetto alle finalità di pubblico interesse, nella specie legate alla necessità di rendere sicura ed agevole la circolazione stradale".
Questa sentenza è adesso impugnata dal Silvestri con ricorso per cassazione assistito da due motivi.
L’ANAS resiste con controricorso eccependo, anzitutto, la inammissibilità del ricorso per assoluta indeterminatezza dei motivi che lo sostengono.
E’ stata depositata memoria nell’interesse del Silvestri per eccepire, tra l’altro, l’inammissibilità del controricorso perché sottoscritto dall’Avvocatura dello Stato in assenza di specifica procura, resa necessaria a seguito della trasformazione dell’ANAS in società per azioni.Motivi
l. Deve essere subito disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso opposta dal ricorrente con la memoria tempestivamente depositata avendo le Sezioni Unite di questa Corte chiarito, con sentenza n.23020 del 15/11/2005 (Rv. 586486), che nell’ipotesi di rappresentanza processuale facoltativa degli enti pubblici da parte dell’Avvocatura dello Stato, non è necessario che l’ente rilasci una specifica procura all’Avvocatura medesima per il singolo giudizio, risultando applicabile anche a tale ipotesi, a norma dell’art. 45 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, la disposizione dell’art. 1, secondo comma, del r.d. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato.
2. Infondata è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso dovendosi ritenere, come si chiarirà, tutt’altro che indeterminati i due motivi che lo sostengono.
3. Con il primo motivo si denuncia la "violazione e o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. nonché del principio del neminem laedere, in relazione all’art. 360 n. 5; vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia".
Si sostiene che la Corte territoriale ha del tutto omesso di tenere conto della sostituzione, dopo poco tempo dal completamento dell’opera, dell’impianto di illuminazione e di considerare, così che tale sostituzione avrebbe potuto considerarsi prova certa dell’errore tecnico commesso dall’ANAS nel realizzare il primo impianto di illuminazione con caratteristiche tali da determinare un inquinamento luminoso pregiudizievole per le coltivazioni dei fondi confinanti con la strada.
3.1. Il motivo deve essere condiviso.
Per quanto sviluppato in modo da centrare solo l’ultimo stadio dell’iter logico sul quale si basa, esso chiaramente muove dal principio di diritto, affatto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, che impegna la Pubblica amministrazione, nella esecuzione di un’opera pubblica o nella manutenzione della stessa, a rispettare il limite del neminem laedere, per denunciarne anzitutto la violazione (come è reso, del resto, palese dal riferimento, nella epigrafe, alla disposizione dell’art. 2043 c.c.) a causa dell’errato posizionamento delle lampade, reso palese, appunto, dall’omesso accertamento delle ragioni della loro sostituzione a distanza di pochi giorni dalla istallazione.
La censura coglie così il vizio di fondo della motivazione della sentenza impugnata che ha giustificato la pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria semplicemente evidenziando come la finalità di pubblico interesse dell’opera pubblica (impianto di illuminazione) rendesse possibile una responsabilità aquiliana dell’ANAS solo ove fosse stato dimostrato che "le modalità e le caratteristiche dell’opera" erano "esorbitanti" rispetto alle sue finalità; centrando l’attenzione sulla adeguatezza dell’impianto ed, in altri termini, della intensità della luce, rispetto al fine pubblico, senza verificare la possibilità di un accorgimento tecnico che rendesse meno invasiva l’opera pubblica, il predetto argomento omette, infatti, di considerare e di applicare il principio consolidato, ed anche recentemente riaffermato da questa Corte con sentenza n.19359 del 18/09/2007 – rv. 599395- per il quale " la discrezionalità e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione realizza e mantiene un’opera pubblica trovano un limite nell’obbligo dell’amministrazione medesima di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che l’inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità dell’amministrazione per i danni arrecati a terzi.
Principio, questo, che evidenzia come non sia rilevante, per escludere la responsabilità dei danni prodotti dall’opera pubblica, la congruità di quest’opera rispetto al fine pubblico che essa deve soddisfare ma la lesione dei diritti dei terzi che essa abbia eventualmente prodotto per l’assenza degli accorgimenti tecnici idonei ad impedirla.
4. La rilevata fondatezza del motivo conduce alla cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito per un riesame dei motivi di appello alla stregua del seguente principio di diritto:
"la discrezionalità e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione realizza e mantiene un’opera pubblica trovano un limite nell’obbligo del-l’amministrazione medesima di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme dì diligenza e prudenza, con la conseguenza che l’inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità dell’amministrazione per i danni arrecati a terzi, indipendentemente dal fine pubblico dell’opera.
5. Rimane assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale si denuncia la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. "per errata lettura della c.t." dalla quale risultano accertati, sia l’eccesso di fluorescenza dell’originario impianto di illuminazione sia l’errata direzione delle lampade, e perciò proprio la violazione delle norme tecniche e di cautela che regolano la costruzione degli impianti di illuminazione.
6. Al giudice di rinvio conviene rimettere anche la pronuncia sulle spese del giudizio in cassazione.P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte il 30 novembre 2007.
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