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Accordo dell'UE sul pacchetto clima
Restano ferme le quote del 20-20-20, raggiunto un compromesso sulle modalità più graduali di attuazione

E’ stato finalmente raggiunto l’accordo sul pacchetto clima.

L’Italia, che inizialmente aveva definito troppo onerosi i costi benefici del 20-20-20 contro i cambiamenti climatici, ha parzialmente modificato la propria posizione. Il governo del nostro paese aveva chiesto a Bruxelles una revisione degli standard da perseguire.
L’Unione Europea, criticando le stime italiane, aveva mantenuto ferma la propria posizione, sottolineando che si trattava di obiettivi indiscutibili.
 
I costi del pacchetto clima, secondo gli studi effettuati dal governo italiano, si attestano intorno ai 18 miliardi di euro all’anno, con un peso dell’1,14% sul Pil.
I dati, contestati dall’Ue, non terrebbero però in conto l’aumento dell’occupazione, per cui si prevede un incremento dello 0,3%.  

La successiva istituzione di un tavolo tecnico per la verifica dei dati raccolti, culminato con il recente Vertice di Bruxelles, ha contribuito all’individuazione di un accordo.
Questa soluzione sembra soddisfare sia l’Italia che i Paesi membri dell’Est europeo, diventati recentemente sostenitori delle soluzioni più moderate, proposte dal ministro Prestigiacomo.
 
Restano quindi ferme le quote del 20-20-20, per la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra entro il 2020 e l’aumento per la stessa percentuale di efficienza energetica e produzione da fonti rinnovabili.
 
E’ stato raggiunto però il compromesso sulle modalità di attuazione più graduale. Per le industrie che non corrono il rischio della delocalizzazione è previsto l’obbligo di acquisto del 20% dei diritti di emissione nel 2013 per passare al 70% nel 2020 e raggiungere il 100% entro il 2025. In questo modo vengono tutelate le produzioni portanti europee, come il settore manifatturiero e quelli di acciaio, cemento e alluminio.
 
Entro il 2013 saranno valutati poi gli esiti della conferenza Onu di Copenhagen in cui si attendono le posizioni di Stati Uniti, Cina e India.

L’Italia, che ha proposto la clausola di revisione per il 2014, aveva minacciato di porre il veto alle trattative, ma se nella conferenza dell’Onu si opterà per la revisione del processo di codecisione, la possibilità di apporre il veto non troverà riscontro.
 
Il documento passerà l’ulteriore analisi del Consiglio Europeo, Europarlamento e Commissione Europea.


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