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Piccoli interventi senza Dia: possibile stop dalle Regioni
Il decreto incentivi si scontra con le normative di 18 Regioni che prevedono l'obbligo di presentazione della dia per avviare interventi di manutenzione straordinaria
E’ possibile che la norma varata dal Governo si possa applicare soltanto in due Regioni, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, che gia` avevano cancellato la denuncia di inizio attivita` (dia) per le manutenzioni straordinarie.
Il decreto legge sugli incentivi, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, modifica il Testo unico sull`edilizia senza toccare le prerogative delle Regioni.
Non vengono toccate neanche le prerogative dei Comuni che possono continuare a far valere strumenti urbanistici e regolamenti edilizi varati prima della liberalizzazione voluta dal Governo.
Il decreto legge sugli incentivi interviene sull`articolo 6 del Testo unico sull`edilizia (Dpr 380/2001): una norma che elenca le attivita` edilizie libere (tra cui ora vengono inserite la manutenzione straordinaria e altre sei tipologie minori di intervento) e si applica «salvo piu` restrittive previsioni previste dalla disciplina regionale e dagli strumenti urbanistici».
In caso di conflitto fra la norma statale e quella regionale piu` restrittiva – dice il Testo unico anche nella sua versione modificata dal decreto legge – si applica questa seconda.
In questo momento, con l`eccezione di Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, tutte le leggi regionali prevedono l`obbligo di presentazione della dia per avviare interventi di manutenzione straordinaria: sono quindi piu` restrittive della nuova norma statale.
La liberalizzazione della manutenzione ordinaria non diventerebbe operativa, secondo questa interpretazione, salvo che le Regioni non si adeguassero alla nuova norma statale (ipotesi impercorribile al momento per le Regioni a statuto ordinario che hanno i consigli regionali sciolti e non torneranno a legiferare prima di 3-4 mesi).
Un`interpretazione diversa la da` l`Ance, che plaude all`iniziativa del Governo pur riconoscendo che il quadro normativo non e` univoco.
Resta sempre il ruolo dei Comuni che, in questo contesto di incertezza, potrebbero far pendere la bilancia da una parte o dall`altra dando una propria interpretazione della norma.
In attesa che le Regioni riprendano l`attivita` legislativa, l`interpretazione comunale potrebbe diventare decisiva per il decollo della liberalizzazione anche se in passato i Comuni hanno giocato un ruolo di freno piu` che di deregulation, come dimostra anche l`esperienza del piano casa dove molti sono stati i vincoli imposti a livello municipale.
Per i cittadini e` comunque necessario avere certezze e sapere quali siano le norme da applicare, quale procedura seguire, se quella libera o quella della presentazione della dia che comporterebbe l`attesa di trenta giorni prima di iniziare i lavori in regime di silenzio-assenso.
Puo` darsi che un chiarimento possa venire proprio dal testo definitivo del decreto legge cui hanno ancora lavorato i tecnici di palazzo Chigi.
Proseguono le polemiche da parte dei professionisti.
“Con l’abolizione della DIA per le opere di manutenzione straordinaria, inserita nel decreto incentivi approvato dal Consiglio dei Ministri, registriamo ancora una volta con grande preoccupazione la volontà di un governo di questo Paese di ignorare del tutto gli avvertimenti ed i suggerimenti dati dal mondo delle professioni tecniche per la tutela di interessi collettivi” – ha commentato l’Ordine degli Architetti di Roma – . Architetti, ingegneri, geometri nei mesi scorsi avevano più volte evidenziato i rischi connessi con questo tipo di liberalizzazione delle procedure edilizie” […].
“La scelta di eliminare completamente, per questo tipo di lavori, la figura del progettista pone seri problemi: quale sarà il soggetto in grado di verificare e certificare che una manutenzione straordinaria non incide su parti strutturali dell’edificio? – proseguono gli architetti romani – A chi è affidato il controllo del rispetto – considerato comunque obbligatorio dall’articolo 7 del DDL – di normative antisismiche, di sicurezza, igienico-sanitarie, di efficienza energetica, delle prescrizioni del Codice dei Beni Culturali?”
Il Consiglio Nazionale degli Architetti aveva anche proposto uno specifico emendamento a riguardo che, pur eliminando la procedura della DIA per la manutenzione straordinaria, rendeva comunque necessaria la redazione di un progetto da parte di un tecnico nonché una sua certificazione sul fatto che i lavori non avevano interessato parti strutturali dell’edificio, avevano rispettato il contesto ambientale e paesaggistico ed erano conformi alla normativa igienico sanitaria vigente.
Ma questa proposta, nonostante le tante assicurazioni verbali, è stata completamente respinta.
“Da oggi il controllo, ad esempio, che la demolizione di un muro dentro casa non incide sull’equilibrio strutturale di un edificio è affidata unicamente alla valutazione del committente che, nella maggior parte dei casi, non ha le competenze tecnico-normative necessarie per effettuare una verifica seria – precisa l’Ordine – .
Da oggi, considerato anche lo stato di gran parte del patrimonio edilizio italiano, l’inizio dei lavori nell’appartamento del mio vicino di casa ci rende tutti più inquieti”.
“L’Ordine degli Architetti di Roma non vuole rassegnarsi a questo provvedimento – conclude il comunicato stampa degli architetti della capitale – . Per questo sin da oggi ha avviato un’azione di concertazione con altri ordini provinciali, con gli ingegneri e con i geometri per cercare in tutti i modi possibili di cambiare il testo del Decreto Legge in fase di conversione in legge”.
Fonti: Il Sole 24 Ore, Ordine Architetti Roma
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