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Il Durc non c'è? stop ai lavori, ma senza sanzioni penali
Per la Cassazione la mancata presentazione del Durc è sanzionabile solo sotto il profilo amministrativo mediante la sospensione del titolo abilitativo e la sanzione pecuniaria
Chi non trasmette il Durc compie sì un illecito, che è amministrativo, ma non penale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21780 del il 31 maggio scorso.
I giudici della Suprema Corte hanno annullato la condanna penale inflitta dal giudice unico di Firenze a due rappresentanti legali di società cooperative titolari di permessi di costruire, che avevano omesso di presentare il Durc della Srl alla quale erano erano stati subappaltati i lavori, perchè “la violazione contestata afferisce ad un adempimento di carattere amministrativo che non riguarda la condotta di trasformazione del territorio”.
I giudici spiegano infatto che “il DURC rappresenta, dunque, un utile strumento per l’osservazione delle dinamiche del lavoro ed una forma di contrasto al lavoro sommerso e consente il monitoraggio dei dati e delle attività delle imprese affidatane di appalti.
Tutto ciò non ha nulla in comune con il governo del territorio (anche nella sua accezione più ampia) e la previsione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 10, – secondo la quale “in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo” – ha carattere di sanzione amministrativa ulteriore rispetto alla sanzione amministrativa pecuniaria comminata, per la violazione dell’art. 90, comma 9, lett. c), dall’art. 157, lett. c), medesimo D.Lgs. in esame”.
“Il legislatore, dunque, – si legge nel testo della sentenza – non ha inteso prevedere sanzioni penali per le omissioni riferite alla trasmissione del DURC e sanzioni siffatte non possono essere surrettiziamente introdotte facendo ricorso alla previsione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a).
Una norma residuale in materia di reati edilizi ed urbanistici – quale è pacificamente considerata quella di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a), – risponde, infatti, all’esigenza di evitare che vadano esenti da pena condotte di aggressione al territorio che si traducono nella violazione sostanziale delle norme che prescrivono le modalità con cui possono concretamente essere effettuate le trasformazioni del suolo”.
La Cassazione conclude affermando che il Tribunale ha correlato la sanzione penale alla inosservanza di una normativa prevista dalla legislazione statale e da quella regionale non a fini urbanistici ed in relazione ad un comportamento omissivo per il quale, in sede propria, il legislatore statale ha inteso comminare soltanto sanzioni amministrative, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste, restando superfluo l’esame degli ulteriori motivi di ricorso.
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