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Riforma Professioni, gli Architetti chiedono modifiche su tirocinio e collegi disciplinari
Il Cnappc invia una lettera al Ministro Severino per far effettuare cambiamenti al testo del dpr

“Esprimiamo la nostra ferma contrarietà alle norme che riguardano il tirocinio e i Collegi disciplinari terzi, perché in entrambe i casi è lampante che il Governo contraddice sia il mandato del Parlamento che il fine, tante volte preannunciato, di garantire un accesso meritocratico ma rapido al mondo del lavoro, nonché quello di garantire ai cittadini un giudizio imparziale laddove il professionista iscritto ad un Albo leda le norme etiche”.

E’ questo uno dei passaggi fondamentali della lettera inviata dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori al Ministro della Giustizia, Paola Severino, sullo schema di DPR di Riforma delle professioni.

Pur ringraziando il Ministro per aver affrontato il tema della Riforma nei tempi promessi, il Consiglio Nazionale sottolinea che “più che un tirocinio, in grado di garantire la capacità professionale, la nuova ipotesi di norma si configura come una vessazione in termini di tempi e di costi, del tutto contraria ai principi comunitari e allo spirito della legge che vuole regolamentare. Se l’intento è quello di diminuire gli iscritti ai nostri Albi, il Governo lo dichiari con chiarezza, ma ponendo le selezioni a monte dell’Università, non a valle, quando un giovane ha già speso anni della sua vita e molti soldi per diventare un professionista”.

Il modello di tirocinio previsto dal DPR prevede, infatti, un iter, dall’iscrizione ad una Facoltà di architettura fino all’iscrizione all’Albo, che nei casi migliori di studenti che non vanno fuori corso, sarà minimo di sei anni e mezzo anni a fronte degli attuali cinque, oltre al tempo necessario per l’Esame di Stato; un corso “professionalizzante” all’Università, sicuramente a pagamento, di 6 + 6 mesi nel quale non è affatto evidente come le Facoltà siano in grado di garantire lo svolgimento di un apprendistato professionale a dei laureati che hanno già studiato 5 anni presso le loro sedi (senza parlare dei costi economici e sociali di tale onere soprattutto per gli studenti “fuori sede”); solo sei mesi di vero tirocinio presso gli Studi professionali, senza equo compenso, a cui segue una valutazione del tirocinio da parte di una Commissione presieduta da un docente universitario (che, paradossalmente, potrebbe anche non aver nessuna esperienza professionale); infine il candidato a diventare architetto potrà accedere all’Esame di Stato che rimane quello esistente costituito da ben 4 prove, tra scritti e orali all’interno di una procedura lunghissima, peraltro caratterizzata da temi e valutazioni differenti sul territorio nazionale.

“Quanto ai Collegi disciplinari – continua la lettera – come avevamo previsto con dotti pareri di costituzionalità, l’uso del DPR ha fatto sì che per architetti, ingegneri, avvocati e altre professioni la norma non abbia la forza di cambiare il modello attuale, come ammesso nella relazione illustrativa del DPR. Con la conseguenza che tutto rimarrà così com’è, senza le garanzie di terzietà del Collegio previste dalla legge e invocate in primis da noi. Peraltro il modello previsto per gli altri Ordini è peggiore dell’attuale: scegliere i componenti del Collegio tra i primi non eletti ai Consigli degli Ordini mischia impropriamente scelte “politiche” dell’elettorato con scelte che dovrebbero basarsi solo sull’esperienza e sull’equità dei candidati; quanto al sistema degli Ordini viciniori, avrà l’effetto di caricare Ordini piccoli o piccolissimi, che si possono permettere una sola segretaria part time, dell’onere dei procedimenti disciplinari di Ordini con decine di migliaia di iscritti”.

“Per non dire, poi, – continua ancora – dell’assenza di ogni previsione nel giudizio etico coordinato tra gli Albi dei soci delle Società Tra Professionisti che avrà come effetto che ogni socio verrà giudicato da un Collegio giudicante differente, in spregio ad ogni principio di equità.

“Signora Ministro – conclude la lettera – avendo sinceramente apprezzato la sua disponibilità all’ascolto e alla comprensione della realtà professionale, Le chiediamo di correggere il DPR almeno in questi due capitoli, perché è evidente che non sono coerenti con le intenzioni programmatiche del Governo, sembrano scritte da giuristi che non hanno contezza della realtà professionale sul territorio nazionale e soprattutto stridono con il comune buon senso che chiederebbe norme e regole tese a semplificare modalità di accesso e svolgimento delle libere professioni.

Dobbiamo purtroppo riscontrare come, dopo trent’anni di attesa della Riforma, la responsabilità del Governo rischi di essere quella di aver partorito un progetto assai sghembo e perciò dannoso allo sviluppo del Paese e a garantire ai cittadini servizi professionali efficienti ed etici”.

Fonte: Cnappc


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