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Agevolazioni prima casa, va conteggiata anche la mansarda non abitabile
Anche se la mansarda non è abitabile, l’appartamento non perde il “lusso”. Lo ha stabilito la Commissione tributaria regionale di Trieste, con la sentenza 114/01/12 del 16 ottobre, accogliendo l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria che, in sede di recupero delle agevolazioni “prima casa” in capo a un contribuente, aveva qualificato l’immobile acquistato quale abitazione “di lusso” e come tale escluso dal beneficio in questione.
In base alla nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/86, per fruire dell’agevolazione “prima casa” è, infatti, necessario che l’abitazione acquistata non presenti caratteristiche di lusso secondo i criteri indicati nel Dm 2 agosto 1969.
In particolare, l’articolo 5 di tale decreto definisce “di lusso” le abitazioni composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a 200 metri quadrati (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posti macchine) e aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta.
Inoltre, l’articolo 6 del medesimo decreto, inserisce nella stessa categoria le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a 240 metri quadrati, escludendo, ancora una volta, dal computo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posti macchina.
Nella vicenda sottoposta all’esame dei giudici di merito, il contribuente sosteneva che, dal predetto calcolo della superficie utile dell’immobile acquistato, dovesse, altresì, escludersi l’area riferita ai locali della mansarda sottotetto della casa, in quanto qualificata come “non abitabile” per mancanza dei requisiti richiesti dal decreto del ministero della Sanità del 5 luglio 1975.
A tal fine, la parte richiamava l’ordinanza della Corte di cassazione 17450 del 23 luglio 2010, nella quale si era affermata l’esclusione della soffitta dalla superficie utile dell’immobile in mancanza della prescritta abitabilità.
Tuttavia, nel caso di specie, la pronuncia in questione si dimostrava inconferente, posto che la stessa si riferiva a un locale (soffitta), già espressamente escluso dal computo della superficie utile sia dall’articolo 5 sia dall’articolo 6 del Dm 2 agosto 1969.
Nell’ipotesi oggetto di contestazione risultava, invece, il computo della metratura dei locali adibiti a “mansarda”, in relazione alla quale la norma non prevede alcuna esclusione, stante, peraltro, la diversa ed evidente fruibilità con l’area adibita a “soffitta”.
A parere dell’ufficio, la tesi sostenuta dal contribuente non pareva, quindi, condivisibile, posto che la disposizione in commento, recando indicazioni necessarie alla determinazione di una norma di natura agevolativa, non era da considerarsi suscettibile di interpretazione analogica.
Con la sentenza in esame, la Ctr ha accolto tali considerazioni, precisando altresì che, “come costantemente sostenuto in dottrina e giurisprudenza, il certificato di abitabilità risponde esclusivamente ad esigenze igienico-sanitarie e non ha alcuna influenza in ordine alle leggi fiscali che riguardano gli immobili, a meno che la legge fiscale non vi faccia esplicito riferimento”.
Nello stesso senso, già la Ctr di Torino, con la sentenza 31/28/1020 di aprile 2010, aveva confermato la legittimità dell’operato dell’ufficio, stabilendo che nella superficie rilevante ai fini del Dm 2 agosto 1969 fosse computata anche la “tavernetta”, ancorché “non abitabile” dal punto di vista urbanistico, in quanto non espressamente esclusa dall’articolo 6 dello stesso decreto.
Nella richiamata sentenza, la Commissione piemontese aveva, infatti, ritenuto “irrilevante la discussione sulla superficie del piano interrato”, posto che, sebbene lo stesso non sia considerato ai fini della cubatura dagli strumenti urbanistici, “nulla esclude l’inclusione della sua superficie ai fini tributari, salva la specifica esclusione ridetta”.
Fonte: FiscoOggi
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