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Terre e rocce da scavo, chiarimenti sull'applicazione del d.m. 161/2012
Con una nota tecnica il Ministero dell'Ambiente fa alcune precisazioni
Dopo l’entrata in vigore il 6 ottobre 2012 del d.m. 161/2012, ecco nuovi chiarimenti da parte del Ministero dell’Ambiente sull’applicazione del provvedimento.
In risposta a un quesito posto dall’Ordine dei geologi dell’Umbria, la Segreteria tecnica del Ministero precisa con una nota che il decreto non si applica al materiale da scavo riutilizzato nello stesso sito in cui è prodotto, confermando l’interpretazione formulata dall’Ance all’indomani dell’entrata in vigore del decreto.
“In merito al primo quesito – si legge nella nota – la risposta è intrinseca all’indicazione del campo di applicazione del decreto legislativo 152/06 e smi dal quale il “Regolamento” discende. Infatti l’art. 185, così come sostituito dall’art. 13 del d.lgs. n. 205 del 2010, norma “le esclusioni dal campo di applicazione” e al comma 1 lettera c) riporta: il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato”.
Sull’applicabilità della procedura prevista nel decreto ai materiali da scavo prodotti nell’ambito dei cd. piccoli cantieri (cantieri sino a 6000 mc), la segreteria del Ministero precisa che il decreto “non tratta l’argomento in quanto l’art. 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 così come modificato dall’art. 2, comma 45-bis. D.lgs. n. 4 del 2008 indicava la necessità di un diverso decreto in quanto: “Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie ‘n materia. ”
La nota è stata criticata dall’Ance che fa notare alcune nuove incertezze applicative dalle quali possono derivare i seguenti comportamenti operativi:
1. In via principale trattare i materiali come rifiuti e quindi conferirli in discarica o impianto di trattamento;
2. In alternativa e se economicamente conveniente, applicare il DM 161/2012, qualora si rispettino le relative condizioni e prescrizioni, al di là delle indicazioni del Ministero sulla sua presunta inapplicabilità;
3. In via subordinata ricomprendere i materiali nell’ambito della categoria dei sottoprodotti di cui all’art. 184 bis del D.Lgs. 152/2006, al ricorrere delle relative condizioni, anche se in assenza dello specifico decreto.
“Ad arricchire questo scenario di incertezza – aggiunge l’Ance – contribuiscono le diverse indicazioni operative che alcune Regioni (Friuli Venezia Giulia, art. 199 della L.R. 26/2012; Veneto) stanno predisponendo in materia proprio in considerazione sia dell’onerosità amministrativa ed economica dell’applicazione del DM 161/2012 per i piccoli cantieri sia della necessità di ridurre la produzione di rifiuti”.
Sulle novità introdotte dal d.m. n. 161 del 10 agosto 2012 segnaliamo il prossimo convegno tecnico del 12 febbraio 2013 a Milano, organizzato da Maggioli Editore (consulta il programma del convegno Terre e rocce da scavo le novità introdotte dal decreto ministeriale 10 agosto 2012 n. 161).
A condurre il convegno due esperti di eccezione: Enzo Pelosi e Roberto Pizzi. Il primo, avvocato e giurista ambientale oltreché consulente legale ambientale di ANCE Veneto; il secondo, geologo, master in ingegneria ed economia dell’ambiente e del territorio,si è occupato anche di emergenze ambientali e bonifiche di siti inquinati, in particolare di quelle in Campania e nel Lazio, e della gestione delle macerie e delle terre e rocce da scavo del post sisma aquilano del 2009.
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