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Terre e rocce da scavo, Ance e Aniem bocciano il d.m. 161
Il decreto crea più burocrazia e lascia un vuoto normativo sui materiali prodotti nei cantieri sotto i 6 mila metri cubi di produzione

Il nuovo regolamento sulle terre e rocce da scavo contenuto nel Dm 10 agosto 2012 n. 161 ha introdotto una disciplina aggiornata per quanto riguarda la gestione e il controllo dei materiali provenienti dai cantieri edili non sottoposti alla normativa sui rifiuti.

Il provvedimento però resta poco chiaro sui piccoli cantieri, non fornendo alcuna specificazione sui materiali provenienti da siti di costruzione di dimensioni ridotte, cioè sotto i 6 mila metri cubi di produzione.

Ad aggiungere difficoltà su difficoltà, in questo caso interpretativa, ha pensato anche la Segreteria Tecnica del Ministero dell’ambiente che, rispondendo a un quesito posto dai geologi dell’Umbria ha affermato che il decreto 161/2012 non tratta dei materiali da scavo prodotti nell’ambito di cantieri di minori dimensioni, senza però indicare la disciplina applicabile in questi casi.

Questa poca chiarezza spazientisce le associazioni di categoria delle imprese edili.

Secondo l’Ance è emerso chiaramente che il procedimento delineato per il riutilizzo risulta essere eccessivamente complesso dal punto di vista tecnico ed amministrativo per le imprese e soprattutto economicamente sostenibile solo quando si gestiscano grandi quantitativi di materiali.

Secondo l’Aniem il nuovo provvedimento è riuscito allo stesso tempo a creare più burocrazia lasciando comunque un vuoto normativo e penalizzando le imprese di piccole dimensioni.

Ma quali sono, in concreto, le difficoltà delle imprese che si trovano a gestire le terre e rocce da scavo?
Nello specifico, le imprese di costruzione e movimento terra denunciano notevole difficoltà nelle metodologie di utilizzo e smaltimento delle terre e rocce da scavo proveniente in gran parte da movimenti terra di entità contenuta riconducibile a fondazioni di edifici, scavi per la posa di condotte e di infrastrutture di servizio, sistemazioni di alvei e di argini ecc., tipologia che peraltro è particolarmente diffusa nell’ambito dei lavori privati dei nostri territori.
Oltretutto il problema riguarda anche le amministrazioni comunali laddove le stesse eseguano direttamente lavori di piccola manutenzione.

Nel frattempo alcune Regioni, come Friuli, Veneto e Liguria si sono attivate per cercare di colmare il vuoto normativo. Ma basterà?

 

 


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