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Amianto, presentato il Piano nazionale a Casale Monferrato
Il provvedimento è attualmente all'esame della Conferenza Stato-Regioni
Il Ministro della salute Renato Balduzzi ha presentato nei giorni scorsi a Casale Monferrato il Piano nazionale amianto – Linee di intervento per un’azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali.
“E’ una risposta operativa ad una vicenda sulla quale a livello nazionale era sceso l’oblio – ha detto il Ministro Balduzzi – Il governo Monti ha riportato una triste vicenda all’attenzione non solo nazionale, ma anche internazionale in Europa. L’Italia è diventata punto di riferimento dell’Unione per l’organizzazione di una rete europea per la lotta alle malattie correlate all’amianto”.
Il Piano è stato elaborato dai Ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro. Approvato dal Governo il 21 marzo scorso, attualmente è all’esame della Conferenza Stato-Regioni. Scaturisce dalla II Conferenza governativa sulle patologie asbesto-correlate, che si è tenuta a Venezia dal 22 al 24 novembre 2012, a distanza di tredici anni dalla prima. La Conferenza ha riaperto il dibattito su quella che oggi è riconosciuta come una vera emergenza nazionale e internazionale e ha dato il via alla realizzazione del Piano nazionale amianto, un documento che testimonia l’impegno a vedere realizzate, con precise priorità, un serie di azioni risolutive.
Il Piano è stato presentato proprio nella città di Casale Monferrato, che ha trasformato la triste vicenda del caso Eternit in una svolta epocale nella lotta all’amianto e alle patologie ad esso correlate nel nostro Paese. Nel Piano viene, peraltro, anche riconosciuta la dimensione internazionale del problema, resa esplicita con l’intenzione di favorire la partecipazione a un European reference network in campo clinico-terapeutico.
Non a caso all’Italia è stato dato incarico di fornire un modello europeo per coordinare azioni di ricerca a vasto raggio, sulla base di quelle individuate negli obiettivi del Piano nazionale, che è supportato da appositi finanziamenti, dei quali il Ministero della Salute si è fatto promotore attraverso i fondi della ricerca finalizzata e i progetti del Centro di controllo delle malattie (Ccm).
In particolare, i settori di intervento della macroarea “tutela della salute” del Piano hanno come obiettivi:
– migliorare la conoscenza epidemiologica dei fenomeni e delle loro dimensioni sul territorio nazionale, anche coinvolgendo gli altri Paesi dell’Unione europea, con la creazione di appositi network;
– migliorare la qualità di valutazione del rischio e la sorveglianza sanitaria;
– migliorare la conoscenza della suscettibilità individuale alle diverse patologie asbesto-correlate e le capacità di diagnosi precoce, anche con la costituzione di banche di campioni biologici e l’identificazione di marcatori biologici di diagnosi precoce, mettendo in rete le risorse scientifiche disponibili nei diversi Stati membri;
– attivare percorsi di cura e riabilitazione, anche mirati al sostegno psicologico.
Ricordiamo che l’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 il secondo maggiore produttore europeo di amianto, in particolare di amianto crisotilo dopo l’ex Unione Sovietica e il maggiore della Comunità Europea, nonché uno dei maggiori utilizzatori. A seguito dell’adozione della Legge 257, a partire dal 1992 l’impiego dell’amianto è stato bandito nei nuovi manufatti, come successivamente e progressivamente è accaduto in numerosi altri Paesi e nell’intera Comunità Europea. In Italia, inoltre, sono presenti e hanno causato esposizione umana fibre asbestosimili, quali la fluoro-edenite, una fibra asbestiforme di origine naturale presente nell’area Etnea e capace di indurre anch’essa il mesotelioma, e la balangeroite, una fibra asbestiforme che è stata individuata in talune rocce presenti nella miniera di Balangero (TO).
Peraltro, anche dopo la cessazione delle lavorazioni resta da gestire la presenza di grandi e diffuse quantità di materiali contenenti amianto in matrice friabile, negli edifici civili e industriali, negli impianti e nei mezzi di trasporto (in particolare in quelli navali) e di altrettanto rilevanti presenze di materiali contenenti amianto in matrice compatta il cui progressivo deterioramento, anche semplicemente dovuto alla vetustà del materiale, può essere causa di rilascio di fibre e di conseguente rischio.
Le autorità sanitarie devono pertanto confrontarsi con un fenomeno grave, che peraltro non è stato valutato immediatamente come tale, e al quale si è cominciato a porre rimedio solo alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo, con il citato bando dell’impiego dell’amianto nei nuovi manufatti e l’adozione, in alcuni Paesi, di misure per la rimozione in sicurezza dei materiali contenenti amianto deteriorati, che sono in condizione di disperdere fibre.
Le possibilità terapeutiche e di diagnosi precoce delle patologie neoplastiche da amianto sono oggi insoddisfacenti, in Italia come negli altri Paesi. Relativamente alla diagnosi precoce, uno screening oncologico rivolto a soggetti asintomatici è oggi proponibile come progetto di ricerca (se adeguatamente disegnato su solide ipotesi) soltanto per il cancro del polmone. Per i mesoteliomi, la ricerca va ancora indirizzata verso il riconoscimento di adeguati test diagnostici da potere considerare come indicatori della presenza di malattia in fase asintomatica.
Relativamente alla terapia, esistono limitate possibilità di intervento terapeutico per il tumore polmonare, mentre sono estremamente insoddisfacenti per il mesotelioma. Peraltro vi è speranza che un impulso alla ricerca scientifica sul mesotelioma maligno e una più efficiente organizzazione in rete dei centri specializzati nella diagnosi e nella cura di questa patologia possano portare a significativi sviluppi anche per questo tumore.
Fonte: ministero della Salute
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